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LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA

IL SALVATAGGIO DELL'ESERCITO SERBO
Dicembre 1915 - Febbraio 1916

Sul lungomare del porto di Brindisi, nei pressi della Capitaneria di Porto, è ammurata una epigrafe in marmo che ricorda il salvataggio di oltre centomila profughi serbi durante la Grande Guerra.
Nell'epigrafe si ricorda uno dei più il tristi momenti della prima guerra mondiale, il salvataggio di quello che rimaneva dell'esercito serbo in ritirata verso l'Albania dall'offensiva nemica austro-ungarica, bulgara e tedesca.


Lo Stato Maggiore dell'Esercito serbo e parlamentari serbi appena sbarcati a Brindisi
(fototeca Briamo - Biblioteca Arcivescovile "A. De Leo")

Circondati dalle truppe nemiche austro-ungariche tedesche e bulgare, che avevano avviato l’offensiva nell’agosto del 1915, i serbi furono costretti a fuggire dal loro territorio e a cercare salvezza raggiungendo la costa albanese, presidiata dalle navi italiane. Durante la fuga morirono circa trecentomila uomini per il freddo e per le epidemie (tifo e colera si svilupparono rapidamente considerato lo stato di denutrizione e di mancanza d’igiene). A Durazzo giunsero ottantamila uomini, soldati e profughi civili di tutte le classi sociali, mentre altri sessantamila arrivarono a San Giovanni di Medua. Con loro anche gli oltre ventimila prigionieri austriaci catturati nei precedenti combattimenti, trasferiti poi all’Asinara.
Gli italiani avevano creato campi di assistenza sul territorio albanese, uno a Valona e l’altro a Durazzo, con ospedali, alloggi e magazzini, prima di avviare le numerose operazioni di trasbordo dei profughi con unità navali mercantili, scortate da navi militari, che facevano la spola tra la costa orientale e occidentale del mare Adriatico, utilizzando il porto di Brindisi come base logistica e stazione sanitaria marittima. Qui giungevano i viveri inviati anche da Francia, Inghilterra e Stati Uniti prima di essere portate dall’altra parte dell’Adriatico con medicinali, coperte ed indumenti. L’intera azione di sostegno ai serbi fu affidata al Comandante in Capo dell’Armata Navale, il Duca degli Abruzzi, ed al suo sottordine il vice ammiraglio Emanuele Cutinelli-Rendina, che da Brindisi organizzava la suddivisione delle navi in funzione della loro capacità di carico.
Si inizio così il trasbordo di questi profughi e le prime navi facevano spola tra la costa orientale adriatica e quella occidentale, nel porto di Brindisi.


Nave e treno ospedale nel porto di Brindisi
(fototeca Briamo - Biblioteca Arcivescovile "A. De Leo")

Al loro arrivo nel porto pugliese i fuggitivi venivano scortati dai bersaglieri negli ospedali da campo prima di poterli imbarcare sulle navi e trasportarli fino a Corfù, a Biserta e a Marsiglia.
Con la resa del Montenegro nel gennaio del 1916, quando gli eserciti austro-tedeschi puntarono direttamente sui porti albanesi, si rese necessario accellerare la fase di salvataggio di quel che rimaneva dell'esercito serbo. Alle operazioni parteciparono anche navi alleate, francesi e inglesi, complessivamente furono impegnati 45 piroscafi italiani, 25 francesi e 11 inglesi, rispettivamente con 202, 101 e 19 viaggi.

Durante questi tragitti furono trasferiti in salvo a Brindisi anche i regnanti di Serbia e del Montenegro: il 24 dicembre 1915, a notte inoltrata, proveniente da Valona a bordo del cacciatorpediniere “Abba” sbarcò l’ultrasettantenne re Pietro I Karageorgevich di Serbia, “appoggiandosi al bastone e sorretto da un ufficiale. Si diresse verso l'ospedale di Marina (ora Hotel Internazionale) seguito da sei soldati della Guardia Reale. Il Governo serbo ed i rappresentanti diplomatici delle potenze alleate giungevano pure a Brindisi il 15 gennaio 1916”, qui sostarono alcuni giorni prima di ripartire per Corfù, dove ricomposero l’esercito serbo. Tra loro il principe ereditario Alessandro, che aveva guidato la resistenza serba prima della ritirata, il primo ministro Pasic e i membri del governo nazionale.


Il principe Alessandro di Serbia incontra le autorità militari al suo arrivo a Brindisi
(fototeca Briamo - Biblioteca Arcivescovile "A. De Leo")

Il 22 gennaio 1916 giunse a Brindisi la famiglia reale montenegrina con il vecchio Re Nicola I, suocero di Vittorio Emanuele III, costretto a fuggire su un carro trainato da buoi, la regina Milena e le principesse Vera e Xenia, che a Brindisi si fermarono alcuni giorni prima di trasferirsi in Francia.

Gli austriaci effettuarono numerose incursioni in questi porti d’imbarco albanesi causando anche l’affondamento di una decina di unità navali militari e mercantili italiane, prevalentemente causate da siluri e dalle mine disseminate nel canale di mare tra Valona e Brindisi.

A ricordo di questi avvenimenti fu posta sul lungomare, il 10 febbraio del 1924, l'epigrafe marmorea (foto sopra) dove vengono citati solamente i 202 viaggi delle navi italiane, ma non vi è riferimento anche ai 101 viaggi francesi e i 19 inglesi, che contribuirono al salvataggio:

"Dal dicembre MCMXV al febbraio MCMXVI le navi d'Italia con cinquecento ottantaquattro crociere protessero l'esodo dell'esercito serbo e con duecentodue viaggi trassero in salvo centoquindicimila dei centottantacinquemila profughi che dall'opposta sponda tendevano la mano".


Brindisi, lungomare Regina Margherita:
1. Capitaneria di Porto; 2. Targa salvataggio esercito sebo; 3. Targa Croce meriti di guerra; 4. Ufficio delle Dogane


Lo scoprimento dell'epigrafe marmorea
10 febbraio 1924

Erano trascorsi otto anni dalla conclusione dell'imponente operazione umanitaria di salvataggio dell’esercito serbo, quando l'allora ministro della Marina, l’ammiraglio Thaon de Revel, volle che a Brindisi fosse ricordato con “un segno imperituro dell'eroica impresa” l’opera di soccorso di oltre centomila profughi in fuga dalla sponda orientale dell’Adriatico.
Alle ore 15.30 di domenica 10 febbraio del 1924 si svolse la cerimonia dello scoprimento dell’epigrafe commemorativa che ricorda le numerose operazioni di salvataggio da parte delle navi italiane durante la Grande Guerra, collocata sulla parete della Dogana, nei pressi dell’odierna Capitaneria di porto.
La lapide in marmo è sempre sul quel muro del lungomare, a ricordare uno dei momenti più il tristi del primo conflitto mondiale quando la Regia Marina italiana tanto si prodigò subito per risolvere la tragedia umanitaria che si svolgeva al di là dell’Adriatico, a poche miglia dalla nostra costa. E la città di Brindisi, ancora una volta, dimostrò grande partecipazione nell’accogliere ciò che rimaneva dell’esercito serbo in ritirata. Il testo dell
La targa marmorea commemorativa è definita sul sito ufficiale della Marina Militare “quasi silenziosa, come silenziosa e generosa fu l'opera compiuta in ogni ora e in ogni circostanza dalle unità navali”.


Brindisi 10 febbraio 1924. Scoprimento della lapide in ricordo del salvataggio dell'ercito serbo
(fototeca Briamo - Biblioteca Arcivescovile "A. De Leo")

La cerimonia del 10 febbraio fu accuratamente preparata ed organizzata dal Comando Militare Marittimo di Brindisi con le autorità civili. I corsi Umberto e Garibaldi furono addobbati con bandiere, come anche la stazione ferroviaria, e per le strade della città suonava il concerto musicale di Francavilla Fontana.
Il programma prevedeva l’arrivo in tarda mattinata, con il treno proveniente da Roma, delle principali autorità militari tra cui il Comandante del Corpo d’Armata il generale Umberto Montanari e l’addetto militare alla Legazione di Serbia a Roma generale Milan Jetchmenitch, oltre ai prefetti, sindaci e varie autorità civili e militari provenienti dalle principali città pugliesi. Questi si riunirono in colazione nel circolo militare “Principe di Piemonte” presso il Castello Svevo.
La commemorazione sul lungomare ebbe inizio nel pomeriggio: su via Marina gremita di gente vennero sistemate tre tribune, sui palchi di prima, seconda e terza fila presero posto i combattenti, mutilati, orfani di guerra, rappresentanti delle cooperative e dei sindacati, insegnanti delle scuole elementari e complementari e le famiglie più importanti della città. Altri invitati si accalcavano sulla nave San Marco attraccata al molo mentre il piroscafo Vienna fu fatto approdare di fronte agli uffici del Lloyd Triestino.

Non appena l’epigrafe fu scoperta partirono le musiche dall’inno reale e serbo intonato dalla banda musicale di Francavilla Fontana e la fanfara del 47° Fanteria, i battaglioni schierati presentarono le armi ed i marinai allineati sulla San Marco lanciarono il triplice grido di “Viva il Re” tra gli applausi del numeroso pubblico presente e le salve delle navi in porto. Gli stessi marinai eseguirono in coro l’Inno al Piave ed altre canzoni patriottiche sotto la direzione del maestro brindisino Angelo Vitale.
Subito dopo la benedizione dell’arcivescovo Tommaso Valeri, presero la parola i diversi oratori sul palco addobbato con bandiere italiane e Jugoslave davanti alla Dogana. In ordine parlarono l’ammiraglio Diego Simonetti, il generale Montanari in rappresentanza del Ministro della guerra, quindi il generale Jetchmenitch, che nel suo discorso pronuncio le seguenti parole: "quale magnifico sforzo compié allora la Regia Marina Italiana trasportando in breve tempo nell'Adriatico e nel Mediterraneo, travagliati in quella stagione di fiere tempeste, circa centocinquantamila soldati serbi, alcune migliaia di cavalli, un certo numero di cannoni ed una folle enorme di profughi! Questo aiuto prestato con grande abnegazione nel 1915 e nel 1916, dall'amica Marina Italiana all'esercito serbo, recò inapprezzabile vantaggio alla causa comune degli alleati perché questo stesso esercito, tre anni dopo, con l'aiuto alleato, ruppe le linee nemiche del fronte di Salonicco e con ciò contribuì ad affrettare la fine della guerra. Oggi nell'ottavo anniversario di questa grande impresa della gloriosa Marina Italiana, impresa eternata in questa lapide, io, a nome dell'esercito dei Serbo – Croati - Sloveni, mi inchino dinanzi a questo monumento e, deponendovi questa corona, grido: Viva S.M. il Re d'Italia, il rappresentante de il primo marinaio della gloriosa Marina Italiana!"
Prese infine la parola il pro-Sindaco dott. Giuseppe Simone in sostituzione del sindaco Serafino Giannelli assente per indisposizione.
Sulla lapide vennero appese le corone di alloro della Marina Militare italiana, del Municipio di Brindisi e del Governo serbo sul cui nastro era scritto: "L'esercito Serbo - Croato - Sloveno alla valorosa Marina Italiana in segno di gratitudine".


L'epigrafe sul lungomare con le tre corone di alloro apposte durante la cerimonia del 10 febbraio 1924
(ph. Ufficio Storico Marina Militare)

Terminata la cerimonia, le truppe e le associazioni formarono un corteo che dalla marina sfilarono lungo i corsi sino al Teatro Verdi, per rendere omaggio alle autorità qui riunite. Il corteo proseguì su corso Umberto e terminò in via Indipendenza. Nel salone del Verdi fu allestito un ricevimento per le autorità e subito dopo gli invitati si accomodarono all’interno del teatro per seguire gli interventi dell’assessore comunale avv. Vincenzo Fiori e del commendatore Angelo Titi. Alle ore 18,30 gli ospiti furono accompagnati alla stazione per il saluto militare prima del rientro verso le rispettive sedi.

Momenti di vita meno conosciuti che restituiscono l’immagine di una città viva ed attiva, orgogliosa della propria tradizione che merita di non essere dimenticata.

Si ringrazia per la consueta gentile collaborazione e per la preziosa competenza il personale dell’Archivio di Stato di Brindisi e della Biblioteca Arcivescovile “A. De Leo”

Bibliografia:

  • Marco Gemignani, Il salvataggio dell'esercito serbo e montenegrino da parte della Regia Marina italiana (1915-1916). 2004
  • Giuseppe Teodoro Andriani, La base navale di Brindisi durante la grande guerra. 1993
  • Lionello Maci, Il Novecento. 2001
  • Pier Paolo Ramoino, Il salvataggio dell’Esercito Serbo da parte della Regia Marina, 2015.
  • Silvio Bertoldi, 1915: i serbi salvati dagli italiani.nel Corriere della sera del 27 luglio 1995.
  • Mila Mihajlovic, Per l'esercito serbo - una storia dimenticata. (Riedizione del volume Per l’Esercito Serbo di Paolo Giordani), 2014
  • Franco Maria Puddu. La Regia Marina nella Grande Guerra. Storia di un ponte navale, in Bollettino d'Archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare - anno X sett. 1996

Documenti consultati:

  • ASCBR, Cat. 14. Class. unica, Fascicolo 29, Busta 2
  • ASCBR, Cat. 9, Class. 22, Fascicolo 37, Busta 23
  • Giornale di Brindisi, 14 febbraio 1924
  • Giornale di Brindisi, 12 maggio 1933

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