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LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA

Il casino di campagna Skirmunt
(tra storia e leggenda)

Come l’immagine paesistica di Napoli, per tantissimi anni, si è identificata con un secolare pino marittimo e, sullo sfondo, la veduta del Vesuvio dal Vomero, così quella del porto di Brindisi riporta alla memoria la spiaggia di Sant’Apollinare e, sullo sfondo - immersa anche qui tra i pini - una bellissima villa di fine Ottocento. Villa che, per la cronaca, fu costruita da un polacco - tale Simone Skirmunt - originario di Pinsk, un paesino turistico che, a causa dei continui “taglia e incolla” a cui è stata sottoposta nel tempo la Polonia, oggi si ritrova in Bielorussia.


Una famiglia in posa sulla spiaggia e alle loro spalle la villa ottocentesca

Come mai lo Skirmunt (al quale i brindisini affibbiarono il sopranome di “lu francesi”) capitò nella nostra città? Già! Perché proprio a Brindisi? Di certo si sa - secondo quanto si legge nelle carte dell’Archivio di Stato di Brindisi - che era “gentiluomo e proprietario”; che aveva impiantato nelle campagne brindisine uno stabilimento enologico; che con atto del 30.3.1888 aveva venduto al Comune di Brindisi il Convento domenicano con annessa chiesa della Maddalena (immobile destinato poi a divenire l’attuale sede del Palazzo di città); che aveva costruito, in località “masseria Perrino”, quello che viene indicato con il nome - oggi un po’ démodé - di “casino di campagna”.
Per completezza di cronaca va detto che tale fabbricato, nel 1903, passò per successione a Skirmunt Alessandro e Enrico, presumibilmente figli di Simone che, nel frattempo, doveva essere rientrato a Pinsk (in effetti non aveva mai trasferito la residenza a Brindisi). Nel 1911 la villa fu acquistata dal conte Salvatore Balsamo e successivamente, nel 1930, venduta al dott. Antonio Monticelli.


Villa Skirmunt o Monticelli vista dall'alto, in basso il noto Lido Pineta

Fin qui la storia, legata a un periodo - ritengo felice - per il casino di campagna e i suoi occupanti. La leggenda metropolitana, invece, racconta gli antefatti che, nel tempo, hanno portato il romantico fabbricato ad acquisire la triste nomea di “villa degli spiriti”. Una leggenda alimentata dalla memoria “storica” di quell’autentico patrimonio costituito dai nostri cari ottuagenari (o giù di lì). Lo scrittore Javier Marìas avrebbe sentenziato che, in casi come questi, “è alla letteratura che compete raccontare il mistero senza spiegarlo”. Io invece, senza i necessari riscontri degli autorevoli testi dell’Archivio, sono del parere che bisogna saper ascoltare la voce del popolo. E la voce del popolo parla di una tragedia che - forse - fu all’origine del rientro dello stesso Skirmunt a Pinsk. O forse no.


Quello che rimane oggi di villa Skirmunt

Si sussurra (non certo per omertà, ma per il rispetto che tuttora gli anziani portano alle persone ancorché trapassate) di uno statuario guardacaccia della villa (sembra si chiamasse Vincenzo o, più realisticamente, Vicienzi) che, in aggiunta ai compiti “istituzionali”, s’era assunto anche quello - non autorizzato - di guardia del corpo (nell’accezione letterale del termine!) della padrona … Come dire che a Brindisi, prima ancora di ciò che avrebbe pubblicato D. H. Lawrence nel 1928, esistevano già un guardacaccia (Vicienzi s’identificherebbe con il Mellors del romanzo) e una dama antesignana di quella Connie meglio conosciuta come Lady Chatterley! In compenso la storia brindisina sarebbe più movimentata di quella del Lawrence perché annovera anche un sicario (assoldato dal marito della signora) che, dopo l’uccisione del guardacaccia, viene associato alle patrie galere. Il dramma si conclude con il suicidio (o omicidio?) dell’amante superstite. Sembrerebbe infatti che la Lady Chatterley brindisina - o sua sponte o perché spinta - dalla terrazza della villa precipitasse sugli scogli sottostanti che lambivano le … chiare, fresche e dolci acque (allora!) di Sant’Apollinare.
Ma una leggenda, per essere tale, ha bisogno di testimoni e, allo stesso tempo, di un concreto interesse a mantenerla in vita. Requisiti, questi, entrambi presenti nella nostra storia. Da un lato, infatti, c’erano i tantissimi pescatori che sciabbicando alle prime luci dell’alba in quel tratto di mare giuravano e spergiuravano di vedere una signora dai pepli svolazzanti aggirarsi inquieta sulla terrazza della villa. Dall’altro c’erano i contrabbandieri che, per poter agire indisturbati nei momenti dello scarico merci, diffondevano voci sempre più circostanziate sulle passeggiate notturne dell’infelice donna.
Oggigiorno - probabilmente a motivo di quei fatti di sangue, veri o verosimili che siano - dell’aggraziata costruzione d’un tempo è rimasto un rudere che mostra le orbite vuote delle finestre in un paesaggio che ha - è il caso di dirlo - dello spettrale. E tuttavia sussiste una possibilità di riscatto per la storia dell’immobile e della città. Dal momento che il casino di campagna insiste su una zona (Punta Le Terrare) che costituisce un interessantissimo sito archeologico per la presenza d’importanti tracce d’insediamenti neolitici, c’è solo da sperare che, con la valorizzazione dell’intera area e il ripristino della ottocentesca palazzina, venga restituita alla città la godibilità di quel fascinoso angolo del porto.

Testo di Guido Giampietro

Fotogallery a cura del Gruppo Archeo Brindisi (01 marzo 2011) - clicca per ingrandire
VIDEO
Il mistero di Villa Skirmunt
e la spiaggia di S.Apollinare

da "Terre del Salento" (TeleRama)
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