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LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA

L’EPICA BATTAGLIA DI BRINDISI TRA NORMANNI E BIZANTINI
Il 28 maggio del 1156 la schiacciante vittoria dei Normanni consegna definitivamente la Puglia all’occidente

La battaglia combattuta a Brindisi il 28 maggio del 1156 segnò un punto di svolta nella storia medievale. La città nell’occasione assunse un ruolo centrale nell’intricata contesa internazionale che coinvolse il regno normanno, l’impero bizantino e persino il papato. Davanti alle mura di cinta e nelle acque del porto avvenne lo scontro finale tra le truppe bizantine, agli ordini del generale Giovanni Doukas, e l’esercito normanno comandato sul campo dal re di Sicilia Guglielmo I d'Altavilla, una battaglia decisiva che contrassegnò l'ultimo tentativo bizantino di riconquistare militarmente l'Italia.


Assedio con le catapulte

La campagna militare per riottenere i territori di Puglia e Calabria era stata voluta ed orchestrata dell'imperatore d’Oriente Manuele I Comneno, che approfittando della situazione politica caotica del regno normanno e del malcontento di diversi baroni ostili alla politica del successore di Ruggero II, decise di inviare in Italia un consistente esercito e ristabilire le antiche prerogative dell’impero di Costantinopoli.
Al loro fianco anche truppe di mercenari arruolati da papa Adriano IV, il pontefice infatti non aveva mai riconosciuto il titolo regale di Guglielmo e lo aveva persino scomunicato, favorendo pertanto le mire espansionistiche dei greci. In poco tempo le armate di Bisanzio, partite da Ancona, dilagarono su ogni fronte riuscendo a conquistare gran parte della Puglia.
Prima di proseguire verso la Calabria era però necessario avere sotto controllo l’intera fascia costiera adriatica - spiega il dott. Cristian Guzzo, storico ed esperto medievalista, autore di uno studio sull’argomento pubblicato nel 2014 - pertanto decisero di espugnare Brindisi, importante porto di scambi commerciali dell’Adriatico e del Mediterraneo orientale, nonché di flusso di pellegrini alla volta della Terra Santa”. L’esercito bizantino, credendo di poter ricevere facile accoglienza dai brindisini così come era avvenuto a Bari, fu invece costretto ad assediare la città per alcune settimane. Brindisi infatti “doveva molto alla dominazione normanna – scrive Guzzo nel suo lavoro di ricerca – come il rientro della cattedra arcivescovile trasferita a Oria dopo la distruzione operata dai Longobardi nel 674”.
L’imponente esercito greco, accampato nei presso dell’odierno rione Cappuccini, dopo aver atteso ed onorato la Pasqua, intraprese l’assedio della Porta del Santo Sepolcro, che era nei nell’area tra le attuali via Tarantini e via Lauro, con l’appoggio determinante della flotta penetrata nella baia portuale. La cronaca dello storico Cinnamo tocca inflessioni tipiche della letteratura epica cavalleresca quando, in particolare, racconta della sfida armata lanciata dal greco Tommaso al più forte dei cittadini. Alla contesa rispose l’eroico Enchelys, i due, indossate le corazze, si affrontarono a duello con aste e scudi cavalcando i propri destrieri, una disputa che però non vide un vincitore, entrambi tornarono feriti nelle rispettive postazioni.


Ricostruzione di una battaglia tra bizantini e normanni

Le mura difensive, elevate nell’XI secolo sulle antiche pareti messapiche e romane, nonostante l’incessante bombardamento operato dalle macchine da guerra del tempo, si dimostrarono solidissime e ressero bene l’urto, prolungando di molti giorni l’assedio, un lasso di tempo che poi si rivelò fatale per i bizantini. “Fu deciso di correggere la gittata delle catapulte, in modo che i macigni fossero lanciati oltre la cinta muraria - racconta lo studioso brindisino - una strategia che si rivelò vincente, infatti il primo masso colpì una donna che perì orribilmente, uno spettacolo raccapricciante che atterrì la popolazione, infondendo una grave psicosi”. Fu la gerarchia ecclesiastica e il vescovo della città, il francese Lupo, ossequioso alla politica del Papa, a convincere i brindisini a spalancare le porte per lasciare entrare l’esercito imperiale, solo le milizie normanne rimaste fedeli al re, e quelle dislocate sulle torri lungo le mura, non si arresero e opposero validissima resistenza per molti giorni all’interno della rocca, sede della guarnigione regia, situata nell’area tra l’odierna piazza Santa Teresa e la chiesa di San Paolo, una sorta di cittadella fortificata circondata da un fossato. Ciò permise l’arrivo di Guglielmo I alla testa di un potente esercito che sorprese i bizantini alle spalle mentre la sua flotta attaccava dal mare: le navi normanne, infatti, avevano occupato l’isola di Sant’Andrea e ne avevano fatto una importante base logistica utile ad impedire la ritirata dei bizantini e per bloccare l’arrivo degli attesi rinforzi.
A quel punto i mercenari, che avevano preteso il raddoppio del loro compenso, insieme ai baroni ribelli, disertarono e lasciando i greci al loro destino, ormai racchiusi in una micidiale morsa: “quel 28 maggio la battaglia si protrasse con alterne fortune fino a quando Guglielmo riuscì, potendo contare su forze soverchianti, ad attuare una manovra a tenaglia che circondò rapidamente quel che restava dell’armata imperiale – espone nel suo interessante lavoro il dott. Guzzo – i greci, presi da tutti i lati, tentarono di infrangere l’accerchiamento, ripiegando rapidamente verso la città. Il comandante Doukas restò a combattere tenacemente fuori le mura, fino a quando non venne ferito e catturato”.
Anche gli abitanti di Brindisi uscirono dalle mura e partecipano alla battaglia, contribuendo alla vittoria finale dei Normanni.
Il trionfo del discendente della dinastia degli Altavilla si completò con la conquista di un considerevole bottino di guerra: si impossessò di ben trenta navi greche con i rispettivi equipaggi oltre a tantissimo oro e denaro, quello che l’imperatore Manuele aveva inviato in Italia per sostenere le spese della spedizione militare.


Ricostruzione di A. Mingolla della Porta del Santo Sepolcro e delle mura di Brindisi nel 1156

Una volta completata la rioccupazione dell’intero territorio, Guglielmo I, detto “il Malo” per la sua crudeltà, intraprese una spietata vendetta contro le città ribelli che si erano arrese ai bizantini senza opporre resistenza, Bari venne rasa al suolo, solo la Basilica di San Nicola fu rispettata, stesso destino subirono diverse altre città pugliesi. Brindisi venne invece risparmiata dalla distruzione “molto probabilmente per compensare il sacrificio di quanti si erano battuti eroicamente per impedirne la completa capitolazione” spiega il medievalista brindisino, tuttavia per punire i traditori, tutti catturati ed uccisi, e i conniventi con il clero locale che non avevano esitato ad aprire le porte agli invasori, venne saccheggiata, spopolata e ridotta in estrema miseria. L’arcivescovo Lupo ed il clero furono privati dei loro privilegi, per riottenerli il presule fu costretto a recarsi di persona a Palermo, qualche mese dopo, e supplicare il sovrano affinché gli restituisse tutte le prerogative, in considerazione anche del trattato di pace concluso fra il re e il pontefice.

Cristian Guzzo
Guglielmo I detto il malo

Gli scontri militari tennero bloccata Brindisi, da terra e dal mare, per oltre quaranta giorni, sin dall’arrivo dei bizantini avvenuta il 14 aprile, all’epica battaglia del 28 maggio del 1156. I greci con quella sola sconfitta, vanificarono tutto ciò che avevano conquistato durante l’intera campagna militare durata circa un anno. Secondo l’opinione di alcuni storici la battaglia vinta dai normanni, oltre a segnare per i bizantini la fine delle guerre sul suolo italiano, assunse un’importanza epocale paragonabile, nel significato più ampio, a quella di Legnano per l’Italia del nord.

Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n.150 del 29/5/2020

Bibliografia
Cristian GUZZO, Il Leone di Sicilia e l'Aquila d'Oriente: il Bellum Brundusinum del 1156 fra nuova e vecchia Normanitas, in «Archivio Storico Pugliese», 67 (2014)

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