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IL CAPITELLO DELLA DANZA
un gioiello medievale nel portico del Museo archeologico

Trasformata in una vera di pozzo, l'opera marmorea nei primi anni del Novecento entrò a pieno diritto nella storiografia artistica internazionale e continua a destare l'interesse di tanti storici dell'arte

Una delle più rilevanti e significative testimonianze della presenza dei Normanni a Brindisi, risalente probabilmente ai primi tempi della conquista, è il cosiddetto "capitello della danza", una straordinaria opera marmorea esposta nel portico esterno del Museo Archeologico "Francesco Ribezzo" di Brindisi. L'imponente e raffinato manufatto, realizzato nell'XI secolo in materiale nobile, proviene dal perduto complesso abbaziale benedettino dedicato all'apostolo sant'Andrea che sorgeva sull'isola prospicente il porto di Brindisi, dove successivamente venne realizzato il Forte e il Castello Alfonsino.
Nell'estate del 2021 questo "gioiello storico-archeologico brindisino" si è aggiudicato - con il 61 per cento delle preferenze - la tappa pugliese di "Opera tua", il progetto di Coop Alleanza che valorizza cultura e territori e pertanto sarà destinatario dei fondi stanziati per il suo restauro. Ma l'antica scultura ha destato l'interesse di studiosi ed esperti sin dall'inizio del Novecento, quando entrò a pieno diritto nella storiografia artistica internazionale, divenendo negli anni oggetto di tante pubblicazioni firmate da autorevoli accademici e storici dell'arte. Uno dei lavori più recenti ed interessanti è stato presentato al Convegno di Amalfi (2017) dal prof. Valentino Pace, docente in numerose università italiane, europee ed americane: protagonista dello studio sugli aspetti della scultura figurativa a Brindisi fra la Normandia e il Mediterraneo, è senza dubbio il grande capitello medievale, opera che testimonia il "peso della dimensione europea" della nostra città nell'età normanna, un elegante elemento architettonico ritenuto unico e rilevante per la sua "inconsueta scelta tematica" riguardante i dodici personaggi, maschili e femminili, partecipi a una scena di danza. Oltretutto "una scultura con figurazioni umane di tale monumentalità - afferma ancora il prof. Pace - a Brindisi la si conosceva solo a distanza cronologica di secoli e secoli sulle colonne terminali della via Appia".


Il Capitello della Danza nel portico del Museo

Fu visto e segnalato per la prima volta all'inizio del Novecento dallo storico svizzero Martin Wackernagel, era nel cortile dell'Ufficio Semaforico all'interno del Castello Alfonsino, dove venne reimpiegato nel corso della costruzione delle nuove fortificazioni che gli Aragonesi prima e gli Spagnoli poi vollero a difesa del porto e della città dalla minaccia turca. Esso, infatti, a differenza di altri capitelli, colonne e fregi superstiti, rimasti abbandonati sul luogo, venne trasformato in una vera di pozzo, ossia come parapetto di protezione sovrapposto al pozzo; per tale motivo - sempre secondo l'opinione degli studiosi - venne appositamente aperto un foro circolare al suo interno.
Il "Capitello della danza" è stato scolpito su un marmo bianco ed occupa un volume di quasi un metro cubo (95 x 95 x 95cm, diametro della base 76 cm); intorno al fusto presenta dodici personaggi, ognuno posizionato sotto un archetto, "la cui sequenza fa presumere che si volesse alludere a una scena all'interno di un palazzo". La distribuzione figurativa vede un rapporto di due uomini e una donna alternati su ogni faccia del capitello, tutti hanno lo sguardo frontale mentre si tengono per mano ed alzano le braccia in successione verso l'alto e verso il basso, nell'atto di danzare in un "coordinato ritmo di movenze che, per l'orientamento dei piedi, sono direzionate verso la propria sinistra". Sono vestiti alla maniera franca, gli uomini indossano corte tuniche aderenti annodate in vita da cinture a cordone, con stole che scendono sul davanti, un abbigliamento che, secondo il prof. Pace, rivela "qualche differenza [..] che sembra quasi stabilire un diverso grado di stato sociale, ovvero di nobiltà". Hanno capelli tagliati "a scodella" sopra l'orecchio, il loro viso è rasato, due di loro presentano baffi folti e ben curati. Le donne mostrano "acconciature ricciolute molto curate e tuniche sempre annodate in vita ma più lunghe e strette, plissettate sino ai piedi per conferire loro una maggiore grazia" (G. Marella, 2014), la loro gestualità è definita delicata ed "accorta". Tutti i visi dei personaggi "hanno la tipica forma a pera rovesciata, peculiare dell'arte longobarda" (G. Carito, S. Barone, 1981).


Scene di danza (carola) sul capitello dell'Abbazia di Sant'Andrea dell'Isola

Gli esperti concordano nel riconoscere la danza rappresentata sull'opera come una "caròla normanna" percorsa in senso antiorario, un ballo chiuso in cerchio dai danzatori "il cui movimento circolare ben si adatta alla forma del capitello" e che si trova citato anche nella Divina Commedia di Dante e nel Decamerone del Boccaccio. Il capitello brindisino "è anche un importante e raro testimone figurativo che di per sé rinvia a una moda 'cortese', che nella letteratura specialista è riferita alla Francia e all'Inghilterra fra il XII e il XIV secolo" precisa il prof. Pace. Il tema della danza medievale di gruppo in tondo si ritrova riprodotta anche su un altro capitello brindisino, quello della colonna che sostiene il protiro di S. Giovanni al Sepolcro (Danza di Salomè), qui però "le figurette dei danzatori appaiono ben più ricche di brio, e delineate in modi decisamente più calligrafici" scrive il prof. Giuseppe Marella nel suo studio sui capitelli erratici provenienti dall'abbazia dell'isola anticamente detta "Bara" (2014), infatti i personaggi presenti sulla scultura poi divenuta vera di pozzo, si mostrano più austeri, senza alcun accenno emotivo sui loro volti, i danzatori qui creano "un'atmosfera di astrazione e proiettano la scena su un piano simbolico, capace di pungolare le propensioni esegetiche dei monaci che la fruivano all'interno della chiesa abbaziale".

Il Capitello della Danza, divenuto vera di pozzo, visto dall'alto
Ricostruzione della vera di pozzo
(disegno di Eugenio Rubini)

Non è facile poter osservare anche la parte superiore del capitello, intorno alla bocca circolare, infatti, vi sono dei fori che servivano a fissare sia i sostegni (alberi) in ferro per la carrucola, con cui si attingeva l'acqua tramite i secchi, che i cardini del coperchio a doppia banda; sul bordo dell'apertura si possono inoltre notare alcune tracce di sfregamento della corda di levata.
Sempre all'interno del portico del Museo brindisino, che recentemente ha persino conquistato l'interesse della giornalista inglese Liz Boulter, firma del prestigioso quotidiano "The Guardian", vi sono altri frammenti e ulteriori quattro grandiosi capitelli scolpiti, tutti provenienti dal monastero benedettino fondato verso la fine dell'XI secolo e che per circa due secoli è stato uno dei più importanti dell'intero Meridione d'Italia. Questi antichi materiali, tutti con evidenti matrici di stile romanico d'oltralpe ma anche della tradizione bizantina, sono stati ritenuti "omogenei per dimensioni e stile" e - secondo il giudizio del prof. Marella - la loro imponenza "restituisce l'immagine di una chiesa abbaziale dalle dimensioni ragguardevoli, ripartita in tre navate da colonne e semicolonne alte, capitelli compresi, circa nove metri", un impianto architettonico ambizioso che lascia anche intendere la potenza economica della comunità monastica.


Le fortezze dell'isola di Sant'Andrea

"Resta senza risposta la domanda se vi fosse un colore coprente sullo sfondo e nelle figure scolpite - afferma il prof. Pace - non era infrequente nella scultura romanica francese del tempo, come ci mostrano i capitelli, pur ridipinti, di tante chiese, soprattutto francesi". In effetti già in epoca classica, i greci e i romani decoravano le opere con colorazioni a volte anche sgargianti, solo nel XVIII secolo, con l'avvento del neoclassicismo, alla policromia venne preferito il bianco.


Capitello della Danza, particolare

Il bellissimo capitello medievale della danza necessitava di una urgente azione di restauro, la corrosione causata dalla lunga esposizione ai diversi agenti atmosferici impedisce la sua piena comprensione, provvidenziale è stato pertanto il progetto ideato da Coop Alleanza per restituire alla loro originale splendore le opere d'arte un po' dimenticate e che portano dietro i segni del tempo. Le operazioni di restauro prevedono un'analisi generale preliminare, durante il quale sarebbe auspicabile uno specifico studio volto ad individuare eventuali tracce di colore perduto, oggi esistono diverse tecniche (a luce radente, a fluorescenza indotta dai raggi UV, analisi spettrocolorimetriche con scansioni a ultravioletti, infrarossi e raggi x) che permetterebbero di accertarne l'originaria presenza sulla superficie del marmo. Seguiranno quindi le operazioni di pulitura, di consolidamento e di stuccatura delle fessure presenti, poi si procederà con l'asportazione delle ossidazioni e l'applicazione di una pellicola protettiva. La lunga esposizione ai diversi agenti atmosferici impedisce la piena comprensione dell'opera, molti dettagli sono stati corrosi e si vedono appena.

Determinante è stata la partecipazione dei cittadini e delle associazioni alla votazione online, i 7.462 voti registrati hanno infatti permesso di vincere il contest e raggiungere l'obiettivo, ora il capolavoro potrà essere finalmente valorizzato.

Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n. 234 del 21 gennaio 2022 e 235 del 21 gennaio 2022

Nel maggio del 2022 è finalmente iniziato e quindi completato l’intervento di restauro conservativo-estetico del pregevole capitello, a cura della ditta Artistica Pirro della pugliese Daniela Pirro.

Bibliografia:
- Valentino Pace, Messaggi “dal Nuovo Mondo”: scultura fi gurativa a Brindisi fra la Normandia e il Mediterraneo, in La conquista e l'insediamento dei Normanni e le città del Mezzogiorno italiano, atti del convegno (Salerno-Amalfi, 10-11 novembre 2017), Amalfi 2019

- Valentino Pace, Identità e integrazione: committenza, progetti e artefici nella Brindisi protonormanna in Oltre l'alto medioevo: etnie, vicende, culture nella Puglia normanno-sveva; atti del XXII Congresso internazionale di studio sull'alto medioevo (Savelletri di Fasano (BR), 21-24 novembre 2019), 2020
- Valentino Pace, Ritorno alla “Trinità” di Venosa: dove l’antico diviene contemporaneo in Maraviglia. Rezeptionsgeschichte(n) von der Antike bis in die Moderne, Peter Bell, Antje Fehrmann, Rebecca Müller, Dominic Olariu (Hg.), Wien - Köln, 2022
- Giuseppe Marella, L’abbazia medievale di Sant’Andrea dell’Isola e i suoi capitelli erratici in Le fortezze dell'isola di sant'Andrea nel porto i Brindisi - Atti del Convegno di studi (Brindisi, Palazzo Granafei - Nervegna 19 e 20 ottobre 2011), 2014
- Giacomo Carito - Salvatore Barone, Brindisi cristiana. Dalle origini ai normanni, Guida alla mostra fotografica (Brindisi, Saloni della Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo, 27 aprile – 30 giugno 1981), Brindisi, 1981.

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