LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
La Rivoluzione
dei fratelli Marinazzo (1647)
Dopo gli anni di dominazione veneziana,
durante i quali vi fu una timida ma significativa ripresa
sociale ed economica, nel 1509 Brindisi come tutto il
Regno di Napoli passa sotto il dominio spagnolo di Ferdinando
il Cattolico, una lunga egemonia di 202 anni caratterizzata
da pestilenze e malgoverni, tra crisi economiche e vessazioni
fiscali nei confronti della povera gente.
Intervenne
persino Padre Lorenzo da Brindisi,
futuro Santo, che “impietosito dalle misere
condizioni delle popolazioni del Napoletano e indignato
per le continue ingiustizie che si consumavano ai danni
degli inermi, interruppe il viaggio alla volta di Brindisi,
per portarsi in Ispagna, denunziare al re cattolico,
Filippo III, il malgoverno del suo vicerè, Pedro
Gyron, duca di Ossuta, e invocare opportuni rimedi.
Il suo richiamo in patria e la sua prigionia nel castello
di Almeida non valsero, tuttavia, ad attuire i mali,
ormai endemici” [1].
Il popolino già in forte miseria,
veniva oppresso da tributi sempre più alti, mentre
i nobili ed il clero, esenti dalle imposte, vivevano
tra privilegi, lusso e ostentazione.
Fu proprio a Brindisi a scoppiare la prima sommossa
rivoluzionaria il 5 giugno del 1647, un mese prima della
più nota rivolta di Napoli capeggiata da Tommaso
Aniello D'Amalfi, detto Masaniello,
che portò all’insurrezione che coinvolse
l’intero meridione.
Il
malcontento esplose spontaneamente tra i pescatori del
rione più simbolico della città, le Sciabiche.
Nella Cronaca dei Sindaci di Brindisi si racconta: “fu
la revoluzione nel Regno di Napoli, e precise in questa
città, e il detto sindico (Ferrante Glianes)
fu lapidato dal popolo, e fu pigliato da casa sua, e
portato carcerato in una casa sotto la marina, dove
lo trattennero tutto il giorno, e poi la sera lo mandarono
libero in casa sua, e il capopopolo, o vero capopopoli,
furono Donato, e Teodoro Marinazzo,
e levarono le gabelle, non facendoli osservare come
era di solito” [2].
Il 5 agosto fu eletto dal popolo un
altro nobile, l’avvocato Benedetto Lenza,
che nonostante fosse gradito al popolo stentò
a contenere le nuove rivolte. Infatti, secondo alcuni
Autori, gli episodi di Brindisi non nascono solo dalla
necessità di abolire le gabelle (imposte per
fare fronte alle spese di guerra) e combattere coloro
che avidamente defraudavano il popolo (nobili, gabellieri
e clero), ma era rivolta anche contro la tirannia spagnola
e i loro complici locali.
Per
questo, nonostante il successo iniziale e l'eliminazione
delle imposte i rivoltosi continuarono i loro assalti
alle residenze di nobili, come accadde a Ludovico
Scolmafora, esattore dei "regii tributi",
che riuscì a fuggire grazie ad un abile travestimento
mentre la casa veniva data alle fiamme, trovando rifugio
nel Monastero dei Domenicani della Maddalena ubicato
sulla rua maestra nei pressi dell'attuale Municipio.
Gli insorti volevano incendiare anche la casa di Pirro
Scolmafora, fratello del Ludovico, sita nell’attuale
via Assennato (già San Nicolicchio) “ma
visto che nel pianterreno erano depositati gli olii
del mercante Vitale il quale piangeva ebbero misericordi
di lui e passarono oltre” [3].
Un altro esattore, il giovane Carlo Della Verità
fu ucciso e il suo corpo trascinato da un cavallo per
le strade principali della città. Anche le abitazioni
della famiglia Della Verità furono distrutte
dalle fiamme appiccate dai rivoltosi.
La libertà così ottenuta
si dimostrò effimera: il 3 settembre del 1648
cinquecento soldati armati alla guida dell’auditore
Aras, ai quali si unirono anche i nobili,
circondarono e attaccarono il quartiere Sciabiche. I
principali esponenti della rivolta furono catturati
e portati nel carcere di Lecce, prima di essere deportati
a Napoli (tornata nel frattempo nelle mani degli spagnoli)
dove vennero dichiarati colpevoli di lesa maestà
e alcuni giustiziati il 17 dicembre 1649 e il 29 gennaio
1650: i fratelli Donato e Teodoro
Marinazzo, Gregorio Adorante
e Carlo D' Aprile alias Miccoli
furono impiccati, Marco Scatigno si
avvelenò nel carcere di Lecce, Francesco
Di Sonno, Alessandro Lepre
e Orazio Sinapo furono condannati al
carcere a vita. Molti altri riuscirono a fuggire dalla
città.
“Mentre tali misfatti succedevano a Brindisi,
reggeva la sede arcivescovile Francesco Dionisio
Odriscol, irlandese. Egli mise in opera tutto
lo zelo per sedare il tumulto popolare, e vi riuscì
felicemente. Il conte d’Ognatte gliene rese ampi
ringraziamenti, commendando la fedeltà dei brindisini.
[4]
Da questo episodio
prende spunto una interessante commedia in vernacolo
di Fedele Zurlo e Rodolfo Scarano dal titolo “Ci
ti lu tici lu cori”, rappresentata con successo
in città il 25-26-27 ottobre 2006 dalla compagnia
teatrale “Alfredo De Sanctis”.
Le foto (dall'alto):
- Filippo III di Spagna
- le Sciabiche agli inizi del '900
- Palazzo Solmafora
- Pescatori e barche nel porto interno
|
Bibliografia
[1] Alberto
Del Sordo. Ritratti Brindisini. 1983
[2] Pietro
Cagnes, Nicola Scalese. Cronaca dei Sindaci
di Brindisi 1529-1787. (Ristampa) 1978
[3] Pietro
Palumbo. Risorgimento salentino. 1911
[4] Ferrando Ascoli. La
Storia di Brindisi. 1886 |
|
Documenti correlati
- Il
rione delle Sciabiche e la sua demolizione
- Un
Museo alle Sciabiche? |
|
|