LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
L'ISTRUZIONE A
BRINDISI DURANTE IL DECENNIO FRANCESE (1806 - 1815)
Agli inizi dell’Ottocento anche la nostra
città fu soggetta alla modernizzazione decisa
da Giuseppe Bonaparte. Furono aboliti i privilegi e
resa obbligatoria l’istruzione primaria
Durante l’occupazione
francese del Regno di Napoli vi fu una sostanziale modernizzazione
della vita politico-istituzionale e socio-economica
dell’intero mezzogiorno. Negli anni di governo
di Giuseppe Bonaparte, dal 1806 al
1808, e di Gioacchino Murat fino al
marzo 1815, furono aboliti i privilegi di nascita e
di ceto, razionalizzato il prelievo fiscale, abolita
la feudalità e soppresse le decime e gli ordini
religiosi; furono inoltre introdotti il Catasto e il
Registro di Stato Civile, dove venivano riportati gli
atti di nascita, di matrimonio e di morte, sino ad allora
raccolti sui registri parrocchiali. Grande impegno fu
rivolto anche all’istruzione primaria che fu resa
obbligatoria, in definitiva fu un periodo di profonde
ed importanti trasformazioni, tanto che lo storico Giacomo
Racioppi lo definì un vero e proprio
“mondo nuovo”.
Ritratti di Giuseppe Bonaparte
e Gioacchino Murat
Le riforme finalizzate
a rendere l’istruzione scolastica pubblica e laica,
sottraendola alla Chiesa che aveva goduto di questo
privilegio in esclusiva per secoli, fu avviata con il
Decreto del 15 agosto del 1806 con il quale si obbligavano
tutti i comuni a dare vita a scuole pubbliche gratuite
e “a mantenere il maestro per insegnare i
primi rudimenti e la dottrina cristiana ai fanciulli,
e una maestra per far apprendere, insieme con le necessarie
arti donnesche, il leggere, scrivere e la numerica alle
fanciulle”. Il successivo decreto n. 735
del 15 settembre 1810, regolò la materia in maniera
più precisa, stabilendo anche il pagamento di
una retta comunale da cui erano esentate le famiglie
più povere. Questa normativa, che anticipava
di mezzo secolo la più famosa Legge Casati, incontrò
non poche ostilità da parte dei reazionari, del
clero ma anche delle famiglie del popolo, in quanto
si doveva rinunciare agli utili provenienti dal lavoro
infantile.
Veduta di Brindisi della fine
del '700
Brindisi durante
il cosiddetto “decennio francese”,
rientrava tra quei comuni “di prima classe”
poiché contava una popolazione di oltre seimila
abitanti, la città faceva parte del distretto
di Mesagne nella riconfermata Provincia
di Terra d’Otranto e, sulla base della
nuova normativa, veniva governata da un sindaco assistito
da due eletti e dal Decurionato, che
a loro volta nominavano gli amministratori comunali.
I membri del decurionato erano esponenti delle famiglie
locali benestanti con una rendita di almeno 96 ducati,
il loro numero era pari a tre membri per ogni mille
abitanti, un terzo di loro doveva però saper
leggere e scrivere. Pertanto durante tutta la prima
metà del XIX secolo, la borghesia brindisina
divenne l’unica classe dirigente in grado di amministrare
gli impegni municipali: la risoluzione dei problemi
e le decisioni amministrative erano nelle mani di poche
autorevoli casate locali, come i Balsamo, Carrasco,
Catanzaro, Consiglio, Cuggiò, D’Errico,
De Castro, De Marzo, Di Giulio, Leanza, Montenegro,
Monticelli, Palma, Passante, Perez, Ripa, Sala, Stea,
Taliento, Tarantini, Terribile, Ungaro, Vavotici e Villanova.
Tra i compiti del
decurionato vi era anche quello di stabilire l’importo
della retta mensile “a beneficio degli istruttori
giubilati” e l’individuazione degli
alunni della “scuola normale” tenuti al
pagamento. Da quanto riportato sulle delibere decurionali
dell’epoca, conservati in appositi registri e
consultabili presso l’Archivio di Stato
di Brindisi, l’ammontare della retta
fu sempre mantenuta pari a “grano 12 per ciascuno,
ossiano 52 centesimi” da versare al Cancelliere
comunale ad ogni bimestre.
A Brindisi esisteva
una sola scuola, che seppur laica, ebbe modo di poter
usufruire degli insegnamenti del canonico Francesco
Scolmafora, importante figura ecclesiastica
che rivestiva anche i compiti di seconda Dignità
della Cattedrale e successivamente, dal 1824, bibliotecario
della prima biblioteca pubblica di Terra d'Otranto fondata
da Annibale De Leo. Lo Scolmafora redigeva periodicamente,
con una scrittura dalla forma elegante e regolare, l’elenco
degli alunni iscritti alla scuola normale di Brindisi,
un documento che veniva sempre allegato alle delibere
decurionali redatte nel gennaio di ogni anno, sulle
quale venivano indicati gli studenti obbligati al pagamento
della retta, “che per la ragione della loro
possidenza e facoltà la possono supplire”.
Secondo gli articoli 6 e 7 della legge del 1810 ai decurionali
veniva prescritta la libertà di esentare dalla
retribuzione quegli alunni, “che per ragione
della loro fortuna non possono soffrirla”.
Sulla base di questi articoli e su richiesta di don
Francesco Scolmafora, nel febbraio del 1811 gli alunni
della scuola normale furono esentati dal pagamento della
retta. Nella nota redatta dell’insegnante della
scuola normale indirizzata al sindaco Francesco
Sala, fu richiesto l’esonero per i suoi
alunni del pagamento di “ciò che il
Governo impone loro a favor mio”, una lodevole
iniziativa benefica che permette di apprezzare la statura
morale del maestro, disposto a rinunciare al proprio
stipendio “perché teme che questo possa
essere un motivo per spingerli ad allontanarsi dalla
scuola” (Rosanna Savoia, 2002).
Nella sua missiva il maestro racconta che sino a quel
momento nessun alunno era stato in grado di pagare il
dovuto, alcuni avevano già alienato gli studi
“per le loro angustie domestiche […]
in quest’annata tanto scarsa a soffrire un
pagamento tenue per altro, e giustissimo”,
ciò preoccupava non poco il canonico tanto da
temere “di frastornar i figli di famiglie
povere, che vorrebbero ascriversi gratis alla Classe
di chi vuole istruirsi, dal concorrere alla Scuola”.
L’elenco degli alunni redatta dallo Scolmafora
nel gennaio di quell’anno riportava 41 iscritti,
di questi 23 erano stati gli alunni inizialmente individuati
dalla commissione decurionale e “chiamati
a soffrire la mensile retribuzione di grani 12”.
Alcune monete in uso durante
il "decennio francese"
A Tuturano invece
non fu ritenuto opportuno nominare un “pubblico
istruttore”, i motivi sono chiaramente spiegati
nel verbale allegato alla delibera del 21 luglio del
1812: “siccome gli abitanti del comune sono
intenti all’agricoltura fin dal nascer loro, perché
contadini, così sono avversi alle lettere, ed
è cosa difficilissima poterli a ciò ridurre,
perché vivono e ritraggono la giornaliera loro
sussistenza o dalli introiti delle poche derrate, o
della giornata, che rispettivamente impiegano per coltivare
i poderi de comuni limitrofi”. A testimonianza
dell’impossibilità di convincere gli abitanti
della frazione a frequentare la scuola si rende merito
all’impegno e la “fatiga e instancabile
zelo di quel parroco ivi domiciliato da tanti anni,
il quale né con le persuasive, né con
le promesse ha potuto ridurre quegl’abitanti ad
istruirsi almeno al leggere e scrivere”.
Il governo murattiano
lasciò in eredità una buona impostazione
politica per l’istruzione popolare che però
i Borbone di fatto abbandonarono. Dopo la Restaurazione
infatti, Ferdinando I affidò nuovamente le scuole
agli ordini religiosi con l’editto del 1816.
Fanciullo brindisino nei pressi
della fontana De Torres nei primi del '900
Giovanni
Membola
per Il 7 Magazine n.72 del 9/11/2018
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Bigliografia
- Archivio di Stato di
Brindisi. Scritture dell’Università
e Feudi Serie II Conclusioni del Parlamento
delle Università e conclusioni decurionali.
Brindisi anni 1808 – 1846. Busta
8, fascicolo 1, carta 13 Recto
- Rosanna Savoia (a cura di).
Le deliberazioni del decurionato di Brindisi
(1808-1861). In Studi Salentini,
anno 46 b- LXXVIII. 2001
- Edoardo Puglielli, L’istruzione
nel Regno delle Due Sicilie dalla Restaurazione
all’Unità. Sulmona, 13 novembre
2014
- Luigi Russo. Studi sul
“Decennio francese” (1806-1815)
in Terra di Lavoro, n. 40, 27 marzo
2006
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