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LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA

L'INCIDENTE AEREO DEL 9 LUGLIO 1962
Un DC4 si inabissò in mare subito dopo il decollo per una anomalia tecnica. E’ stato l’incidente più grave avvenuto nei pressi dell’aeroporto di Brindisi, morirono tutti i sei componenti dell’equipaggio

Il 9 luglio del 1962 è la data che coincide con il disastro aereo con il più alto numero di vittime mai accaduto a Brindisi. E’ stato anche l’unico incidente classificato come grave avvenuto nei pressi della nostra aerostazione, un tragico evento che, dopo l’attenta valutazione dei rischi associati, ha determinato importanti provvedimenti per la pianificazione e messa in atto di misure di mitigazione dei pericoli alla popolazione.
Periodo drammatico per l’aviazione quel luglio di quell'anno: due giorni prima, per un errore di navigazione, un Douglas DC-8 dell’Alitalia era precipitato sulle colline nei pressi di Mumbay (India), nessun superstite tra i 9 membri dell'equipaggio e gli 85 passeggeri. Il 6 luglio era caduto un aereo di linea sovietico causando la morte di 14 persone. Qualche mese dopo, esattamente il 27 ottobre, in un altro incidente aereo morì Enrico Mattei, politico e fondatore dell’Eni, insieme ad altre due persone. Le cause di questa controversa tragedia sono rimaste avvolte nel mistero.


DC4 della Trans Mediterranean Airways S.A.L. simile a quello precipitato a Brindisi nel luglio del 1962
(ph. Angus Squire - autorizzata dall'Autore)

Breve storia dell’aeroscalo
L’Aeroporto del Salento di Brindisi, denominazione assunta nel 2010, in precedenza era intitolato ad Antonio Papola, in memoria del comandante di aeromobile civile deceduto nel febbraio del 1938, un pilota che aveva uno stretto legame con la città e che spesso, anche fuori servizio, soggiornava presso l’Albergo Orientale di Corso Garibaldi. A esso veniva associato il nome Casale, la contrada dov’è situato l'aeroscalo.
Nel suo libro pubblicato nel 1993, Francesco Gorgoni racconta la storia e le origini dell’aeroporto, partendo dalla stazione provvisoria per idrovolanti voluta nel 1916 dalla Regia Marina Militare, un primo nucleo stabile ed efficiente per fermare la minaccia dell'aviazione austriaca di base a Durazzo. Da qui partì il primo volo commerciale internazionale di linea italiana che aprì al traffico la linea Brindisi-Atene-Istanbul, sulla stessa direttrice si innestarono anche le linee per Rodi, Venezia, Valona, Roma-Bari-Brindisi-Tirana-Salonicco, Brindisi-Durazzo-Lagosta-Zara-Lussino-Pola-Trieste. L’aeroporto terrestre entrò in funzione il 30 luglio del 1933 dopo l’inaugurazione avvenuta alla presenza di Benito Mussolini, i lavori furono comunque completati nel 1937, quando divenne un importante scalo idro-terrestre.
Durante il secondo conflitto mondiale furono realizzate nuove piste ma l'attività civile si concluse nel settembre del '43. Nel dopoguerra fu decretata la separazione dei due settori e dopo le dovute modifiche e la realizzazione del piazzale aeromobili, nel 1960 la nuova aerostazione venne aperta al traffico regolare. Da allora l’aeroporto è stato più volte rinnovato e ampliato, sostanziali modifiche sono avvenute in particolare nel 2007 e nel 2018. Nel tempo il traffico passeggeri ha sempre registrato un trend di crescita costante, grazie anche alla presenza delle compagnie low-cost.
Dalla metà degli anni Novanta le aree di decollo vengono utilizzate dai voli umanitari gestiti dalle Nazioni Unite (UNHRD e WFP), che qui hanno una base logistica di pronto intervento umanitario e di supporto delle operazioni di pace.
(per approfondire le origini dell'aerroporo di Brindisi, clicca qui)


Esterno dell'aeroporto di Brindisi "Papola Casale" 1993 (ph. M. Frigione)


Aerostazione civile nel 1980 (ph. F. Gorgoni)

L’incidente
Lunedì 9 luglio del 1962 il volo commerciale TMA 104, un Douglas DC-4 Skymaster OD-AEC della Trans Mediterranean Airways S.A.L., sul quale viaggiavano sei membri dell’equipaggio e un carico regolare di 8.997 kg di merci varie, era partito da Londra alle ore 12:02 per fare ritorno a Beirut con scali pianificati a Francoforte e Brindisi. Il velivolo della pionieristica compagnia aerea libanese fondata nel 1953, operava regolarmente per il servizio di trasporto prodotti che collegava Beirut con gli alcuni aeroporti europei via Brindisi. La TMA è stata la prima società cargo e di maggior successo dell’intero Medio Oriente, almeno fino a quando il conflitto non prese il sopravvento. Nel maggio del 1954 aveva acquisito il primo dei due Douglas DC-4, i monoplani ad ala bassa che insieme ad altri sei velivoli DC-6 facevano parte dell’intera flotta dell’epoca. Un paio di questi velivoli furono poi distrutti nel dicembre del ‘68 durante un attacco da parte di un commando israeliano all'aeroporto di Beirut, una rappresaglia dopo il dirottamento di un volo da parte del gruppo del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina.

Puntuale alle ore 21,28 l’aeromobile era atterrato sulla pista dell’aeroporto di Brindisi. La sosta era programmata dal piano di volo per completare il rifornimento di carburante prima di attraversare il Meditarreneo e giungere all’aeroporto internazionale della capitale libanese. Quella sera le condizioni meteorologiche generali erano buone, il cielo era sereno, con visibilità di 15 km e totale assenza di vento. Completate le operazioni di approvvigionamento dei 4.720 litri di benzina e 20 litri di olio per aeromobili W100 al motore n.4, alle ore 22.41 il velivolo libanese decollò regolarmente dalla pista numero cinque. Ma dopo circa un minuto, quando si era sollevato a 90-100 metri dal suolo, il DC4 precipitò in mare a poco più di due chilometri e duecento metri dalla costa, a 4 gradi a sinistra lungo il prolungamento dell’asse della pista, non lontano da dove poi sorgerà la diga di Punta Riso.
L’impatto con la superficie del mare generò una forte fiammata seguita da una potente detonazione, il fuoco fu lungamente alimentato dalla grande quantità di carburante appena caricato. Alcuni testimoni riferirono di una vampata sprigionata da uno dei motori già prima che questo precipitasse in mare, altri dichiararono di aver visto l’aereo non riuscire a guadagnare quota, per poi iniziare a scendere assumendo una inclinazione verso sinistra prima della sbattere con l’ala sul mare, quindi rialzarsi appena e ricadere pesantemente, esplodendo. Subito dopo l’aereo si inabissò a una profondità di 55 metri, dove giace distrutto.


Il luogo dell'impatto (ricostruzione da Google Map)

Il boato scosse la pace degli abitanti del vicino Forte a Mare e Castello Alfonsino, spaventati dall’accaduto osservarono sgomenti la rossa fiammata che squarciava la notte. I resoconti giornalistici riportarono tutti l’inquietante bagliore determinato dalla deflagrazione e dalle fiamme dei rottami galleggianti, rimaste attive per circa un’ora e “distintamente visibili” perfino dalle banchine del porto.
A seguito dell’allarme diramato dalla torre di controllo, alcune unità della Marina Militare insieme ai rimorchiatori Ardimentoso e Vigor, a due vedette della Guardia di Finanza, un motoscafo della Polizia e le motopompe dei Vigili del fuoco si portarono immediatamente sul luogo del disastro per trarre in salvo eventuali superstiti. Sulla zona si recarono anche due navi di passaggio.

Non si salvò nessuno dei sei membri dell'equipaggio: insieme al comandante Martin Rose, di nazionalità sudafricana, morirono il secondo pilota Mitri, il radiotelegrafista Amer e gli aviatori Halvany e Nakleh, tutti di nazionalità libanese. L’unico cadavere recuperato fu quello del sesto componente dell’equipaggio, l’australiano Smith, il suo orologio da polso segnava le ore 00.18. Il corpo orribilmente sfigurato fu riportato a terra dal natante dei Vigili del Fuoco per essere consegnato all’autorità giudiziaria.
Le operazioni di ricerca furono sospese qualche minuto dopo l’una di notte su ordine del comandante della Capitaneria di Porto, il tenente colonnello Belardini, che dispose il rientro di tutti i mezzi navali. Ripresero senza esito all’alba del giorno successivo. Immediatamente dopo l’incidente, dall’autobotte Shell furono prelevati alcuni campioni del carburante con cui era stato effettuato il rifornimento nei quattro serbatoi del DC-4, l’esito delle analisi non evidenziò anomalie.


DC4 della Trans Mediterranean Airways S.A.L. simile a quello precipitato a Brindisi nel luglio del 1962
(ph. Ian MacFarlane, autorizzata dalla famiglia MacFarlane)

Le conseguenze
Nel report conclusivo dell’indagine fu indicata come probabile causa dell’incidente una anomalia tecnica dovuta alla diminuzione di potenza dei motori n. 1 e 2 dopo il decollo, che determinò una graduale perdita di quota. Secondo la commissione d’inchiesta la possibile lenta reazione psicofisica dell'equipaggio, dovuta alla stanchezza, avrebbe impedito la percezione del pericolo e l'esecuzione tempestiva delle manovre per prevenire l'incidente o a minimizzarne le conseguenze.
In realtà la manovra che avrebbe determinato la leggera virata a sinistra del velivolo poco prima dell’impatto, come indicato dai testimoni oculari, potrebbe essere stata voluta dal comandante che, rendendosi conto del pericolo, decise di allontanarsi il più possibile dall’isola di Sant’Andrea che in quegli anni era abitata da civili e militari della Marina Italiana.
Oltretutto negli ampi magazzini alla base del Forte venivano custoditi numerosi ordigni esplosivi, come mine, siluri e proiettili dei cannoni installati nelle vicine batterie militari, ancora funzionanti per le ordinarie esercitazioni. Secondo quanto indicato da alcuni abitanti dell’area militare, l’episodio originò una serie di interrogativi e tanta preoccupazione anche nell’opinione pubblica. E proprio da questo scampato pericolo sarebbe scaturita la decisione delle autorità militari e civili di liberare la pericolosa polveriera non lontana dal centro abitato, e trasferire tutto il materiale esplosivo in una area militare più adatta e sicura, lontana dalla direzione di decollo e atterraggio degli aerei. Nei mesi successivi, infatti, con numerosi viaggi di una nave militare, tutti gli ordigni furono trasferiti nei depositi dell’Arsenale di Ancona.


Il Castello Alfonsino e Forte a Mare quando era ancora una polveriera

Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n.400 del 25/04/2025

BIBLIOGRAFIA
F. Gorgoni. L´Aeroporo civile di Brindisi. 1993
La Gazzatta del Mezzogiorno del 10 luglio 1960
Archivio di Stato di Brindisi. Tra cielo e mare. Mostra documentaria. 2007
G. T. Andriani. La base navale di Brindisi durante la grande guerra. 1993

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(23/10/2008)

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