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LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA

QUANDO IL CASALE AVEVA IL CINEMA LUCIA
Nata come arena si è poi trasformata in cinema, vent'anni di storia dell'unica sala realizzata per allietare le serate dei "casalini"

Non è rimasto nulla di quello che è stato il primo cinema di quartiere nel rione Casale. Era una piccola arena all'aperto per la proiezione di pellicole in bianco e nero, la prima ed unica nell'elegante zona cittadina nata nei primi anni del Novecento e diventata, nel giro di un ventennio, una vera e propria città-giardino.
L'etimo Casale, derivante dal latino casalis, indica genericamente una "casa isolata rustica con terreni annessi", ma può significare inoltre "un aggregato di case rurali", era proprio così alla fine del XIX secolo la verdeggiante contrada racchiusa tra i moli del seno di ponente e del porto medio, per poi lentamente svilupparsi ed arricchirsi di raffinate e lussuose ville dai gusti architettonici molto in voga nei primi anni del nuovo secolo, che si andavano ad affiancare e a sostituire le poche semplici case di contadini sparse nella vasta area. Era stata scelta come luogo di residenza estiva, ma anche abituale, da una parte della borghesia locale e da alcuni "mercanti arricchiti", che senza badare a spese avevano investito i propri guadagni nella edificazione di villini in quella zona "ricca di verde balsamico", sino ad allora preferita per le passeggiate e le scampagnate all'aperto.
Negli anni '20 e '30 i progetti per le nuove opere urbanistiche dovevano rispettare alcuni vincoli per essere approvati della Commissione edilizia, che aveva lo specifico compito di vigilare al fine di rispettare i criteri ai quali bisognava attenersi per mantenere le caratteristiche tipiche della località: le costruzioni dovevano "avere vedute a prospetto su tutte le fronti" ed essere circondate da un giardino.
E proprio uno di questi giardini venne adattato ad arena cinematografica per iniziativa degli eredi di Antonio Di Giulio, già proprietari del noto ed avviato cinema teatro Mazari sito in Piazza del Popolo: l'idea era quella di allietare le serate delle famiglie residenti nel nuovo quartiere e anche dei militari del vicino aeroporto. L'immobile e l'adiacente il giardino, sito al civico 18 di via Ammiraglio Cagni, era stato ereditato dai noti imprenditori brindisini che non esitarono ad utilizzare l'area scoperta per organizzare la proiezione di film di prima e seconda visione, su di un telo bianco fissato sul muro. Era il 1945 e finalmente in città si respirava un'aria diversa, la presenza di soldati alleati dava un senso di libertà e si guardava con fiducia il futuro, in attesa della fine delle ostilità.


I villini del rione Csale nei primi anni del '900

Il cinema era dotato di pochissime sedie, "tanto che chi voleva assistere alle proiezioni comodamente seduto era costretto a portarne personalmente una propria" scrive Rosanna Savoia nel suo interessante lavoro di ricerca documentale pubblicato nel 1998 all'interno del catalogo della mostra organizzata dall'Archivio di Stato, in occasione del quarantesimo anniversario dell'inaugurazione della chiesa Ave Maris Stella. Durante le calde serate d'estate, chi si poteva permettere di pagare il biglietto d'ingresso, si godeva la magia del cinema sotto le stelle, spesso però in compagnia di insetti e zanzare. Erano gli anni del neorealismo italiano, i film più noti erano Paisà di Roberto Rossellini, Il sole sorge ancora di Aldo Vergano, Caccia tragica di Giuseppe De Santis, Senza pietà di Alberto Lattuada, La terra trema di Luchino Visconti, giusto per citarne alcuni. Per pubblicizzare la proiezione di queste pellicole si utilizzavano locandine disegnate e dipinte ad acquarello che ritraevano una scena del film, oppure riassumevano la trama cercando di attrarre l'attenzione degli spettatori e raccontare un'emozione. Attori americani come Cary Grant, John Wayne, Gary Cooper, Henry Fonda e James Stewart divennero in breve tempo divi e beniamini del pubblico.

Locandine di film degli anni '50 del Novecento

"Appena due anni dopo, il cinema fu rilevato dai fratelli De Tommaso (gestori dell'arena Adriatica, n.d.r.) che, il 10 settembre 1947, presentarono alla Commissione edilizia del Comune un progetto per l'ampliamento e la sistemazione dello stesso", il piano di lavoro prevedeva anche l'abbellimento della sala e una copertura protettiva dell'arena con strutture non in muratura, così da poterlo utilizzare anche per periodi più lunghi o durante le giornate fredde e piovose. Tra la fine degli anni '40 e l'inizio dei 50 vi fu un exploit di cinema e arene all'aperto, in un'epoca di rinnovato entusiasmo in vista dell'imminente boom economico.
Nello studio condotto da Rosanna Savoia si legge che nel 1950 il cinematografo fu acquistato da Damiano Angelini, il nuovo proprietario investì importanti somme per dare una migliore sistemazione alla struttura, realizzando una nuova pavimentazione e creando ben seicento posti a sedere in platea e trecento posti distinti. Il complesso fu riaperto nel 1954 e prese il nome di "Cinema Lucia", in ricordo della moglie dell'Angelini che tanto si era impegnata per la realizzazione di questa iniziativa, ma era deceduta appena un mese prima dell'inaugurazione. In questa sala venivano proiettati tre film alla settimana, "riservando quelli a colori per il venerdì, il sabato e la domenica. Nei giorni feriali gli spettacoli erano due, nei festivi tre. Il costo del biglietto per la platea era di lire 80, per i distinti lire 120". Il cinematografo per alcuni anni fu concesso in gestione ,sino a quando, per la crisi determinata dall'avvento della televisione e per la concomitante apertura di un cinema all'interno dell'aeroporto militare, nel 1964 fu deciso di chiuderlo definitivamente.


Ingresso del Cinema Lucia (ph. archivio fam. Angelini - Fischetto)

"Ero un adolescente ma ricordo ancora bene quel lungo locale di oltre cento metri a forma rettangolare adibito a cinematografo - afferma Ercole Farina - abitavamo al Casale e i miei genitori lo frequentavano abitualmente, spesso mi portavano con loro, per mia madre era un cult, mio padre invece ci veniva controvoglia, quasi costretto, infatti durante i film si addormentava regolarmente, tanto che una volta - ricorda divertito - prima di andarci indossò il pigiama".
"Nonostante sia trascorso molto tempo mi tornano in mente quelle file di poltrone in legno, per me comodissime - racconta Lietta Provenzano - la sala non l'ho mai vista piena di gente, era frequentata da poche persone, erano gli ultimi anni di attività e si preferiva restare a casa per seguire la programmazione televisiva. Ricordo inoltre che il locale veniva utilizzato anche per i veglioncini di carnevale, toglievano le sedie dalla sala così da avere maggiore spazio per far giocare e divertire noi bambini vestiti in maschera".


Immagine aerea del quartiere Casale, cerchiata la parte posteriore del cinema Lucia

Una foto aerea dell'epoca mostra l'intera zona ricca di ampi giardini, sulla parte alta dell'immagine si riesce a intravedere la parte posteriore della struttura, avente una copertura semicircolare. L'unica immagine dell'esterno appartiene all'archivio della famiglia Angelini - Fischetto, gli ultimi proprietari, si nota il portoncino d'ingresso e una parte dell'insegna, a destra un piccolo bar, dove gli spettatori potevano intrattenersi prima o dopo lo spettacolo. Ora qui sorge un condominio, senza giardino, come a simboleggiare il radicale cambiamento subito dal quartiere nella sua fisionomia urbana e sociale.
Pochi ricordi e solo due immagini possono bastare a non far scivolare definitivamente nell'oblio questo pezzo di storia minima della comunità brindisina?


Via Ammiraglio Cagni nel 2021, il luogo dove sorgeva il cinema Lucia

Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n. 200 del 21/05/2021

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