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LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA

BRINDISI BIZANTINA NEI CINQUECENTO ANNI PIU' BUI DELLA SUA STORIA
con un’appendice sul monachesimo orientale in Puglia e in Brindisi

Dopo la caduta dell’impero romano d’occidente, dalla storia formalmente ascritta all’anno 476 d.C. con la cacciata dell’ultimo imperatore Romolo Augustolo ad opera del generale Odoacre, la successiva dominazione gotica sull’Italia,iniziata nel 493 con il re Teodorico sotto gli auspici dell’imperatore d’oriente Zenone, culminò con il ventennale conflitto greco-gotico che nel 553 vide vincitori i Bizantini dell’imperatore Giustiniano il quale, aspirando a integrare l’Italia all’impero romano d’oriente, istaurò con quella lunga guerra il dominio bizantino su tutta la penisola. Ma la storia italiana, quasi d’immediato, ebbe a registrare un nuovo incisivo scossone.
Dopo solo pochi -15- anni infatti, nel 568, provenienti dal nordest ed entrati in Italia attraverso il Friuli, in poco tempo i Longobardi strapparono ai Bizantini una gran parte del territorio continentale italiano a sud delle Alpi.
Posero la loro capitale a Pavia e raggrupparono le terre sottomesse in due grandi aree: la Langobardia Maior, dalle Alpi all'odierna Toscana e la Langobardia Minor, costituita dai territori immediatamente a est e a sud dei possedimenti centro nordici rimasti bizantini i quali,attraverso parte delle attuali Umbria e Marche,si stendevano da Roma a Ravenna.
Mentre la Langobardia Maior fu spezzettata in numerosi ducati e tanti gastaldati, la Minor si articolò in solo due potenti ducati, quello di Spoleto a nordest di Roma e quello di Benevento che al sudest di Roma comprese i territori della Lucania e buona parte di quelli della Campania del Bruzio e della romana Apulia dai quali, instancabilmente, i Longobardi per vari secoli scorribandarono e dilagarono sui territori limitrofi, creandovi spesso anche loro unità territoriali stabili: i gastaldati.

I Bizantini allora, incentrarono il loro potere residuo nell’Esarcato di Ravenna, già capitale del regno italiano di Goti e dove concentrarono il loro controllo nominalesu tuti i territori italiani inizialmente risparmiati dall’invasione:la Venezia e l'Istria; la Liguria; la Pentapoli; il Ducato romano; il Ducato di Napoli e il Ducato di Calabria; con inoltre la Sicilia, la Sardegna e la Corsica.
Quel possedimento meridionale, denominato ducato di Calabria, fu fondato dai Bizantini nei territori situati immediatamente ad est e a sud del caposaldo longobardo di Benevento,integrando in un’unica entità amministrativa i territori della penisola del Bruzio, l’odierna regione calabrese, con quelli della penisola costituita dalla parte meridionale della romana Apulia e da tutta la romana Calabria, o odierno Salento come preferir si voglia: due penisole certo ben separate, ma inizialmente collegate da un’ampia fascia costiera che si estendeva lungo la riva nord-occidentale del golfo di Taranto.
In tutti i primi anni del dominio bizantino che nel meridione italiano seguirono alla fine della guerra greco-gotica, il malgoverno, l’esosità dei funzionari greci, la corruzione imperante, il precario stato di sicurezza delle vie di comunicazione terresti infestate dal brigantaggio e, soprattutto, la miseria generalizzata e lo spopolamento, furono tali che a Brindisi, che pur fu sede di una delle prime comunità cristiane costituitesi in Italia,alla fine del secolo non si riuscì neanche ad eleggere un vescovo proprio, tanto che nel 595 il papa Gregorio Magno scrisse a Pietro, vescovo di Otranto, perché provvedesse alla chiesa di Brindisi priva di una guida dopo la morte del suo presule e ve ne facesse pertanto eleggere uno, vigilando perché non fosse elevato un laico alla dignità vescovile.

Nel corso del VI secolo, dopo la guerra greco-gotica, infatti, fu Otranto a subentrare nel ruolo che già era stato di Brindisi e il collasso dei traffici commerciali segnò il declino della città, sede vacante per un considerevole lasso di tempo fra VI e VII secolo. Tutto il contrario di quanto caratterizzò il precedente V secolo, quando Brindisi con il suo porto ancora molto attivo durante tutto il regno dei Goti, fu caposcalo per l’oriente, centro principale dell’antica Calabria, e centro d’irradiamento del cristianesimo nel Salento.
Nel 601 invece, non c’era ancora stata l’elezione del vescovo, quando lo stesso papa Gregorio dovette nuovamente rivolgersi al vescovo di Otranto, chiedendogli di recarsi a Brindisi per far pervenire reliquie di San Leucio, il cui corpo si venerava in Brundisii Ecclesia, all’abate del monastero di San Leucio in Roma, Opportuno, che ne aveva fatto richiesta perché il suo monastero ne era stato privato con un furto.
E Brindisi non costituiva di certo l’eccezione nella Calabria bizantina: anche Lecce e Gallipoli, in quel finire di VI secolo, non avevano potuto eleggere il proprio vescovo. Situazioni tutte, conseguenza dell’abbandono in cui erano evidentemente versati per anni il clero e tutto il popolo in quelle città e in quell’intera regione, che avevano a lungo subito, e che continuarono a subire per altri secoli ancora, le continue angherie e le prepotenze di un’amministrazione affidata al governo di una serie di patrizi greci, che da Otranto esercitarono il potere assoluto bizantino in nome dell’esarca di Ravenna.
A partire dalla seconda metà del VI secolo, in effetti, tutto il sistema economico salentino subì un forte processo involutivo, quando Bisanzio non si occupò di favorirne l’attività produttiva. Brindisi in particolare, a tutto vantaggio di Otranto, divenne un semplice porto di frontiera, ormai quasi completamente fuori dagli itinerari commerciali importanti. Tutto ciò, assieme allo spopolamento delle campagne per le inumane condizioni di vita dei contadini, accelererò una depressione che, iniziatasi in quel periodo, perdurò per quasi cinquecento anni: fino all’inizio del secondo millennio.

Nel 605, dopo aver allargato copiosamente i confini del proprio territorio e dopo aver tentato infruttuosamente di conseguire uno sbocco stabile sul basso Adriatico a scapito dei Bizantini, Arechi I, duca di Benevento, stipulò con quelli un’instabile tregua, che durò solo fino a quando l’imperatore bizantino Costante II sbarcò a Taranto nel 663, liberando temporalmente quasi tutto il meridione dalla presenza longobarda, senza però poter espugnare Benevento, energicamente difesa dal duca Romualdo e da dove, ad ogni nuova occasione, i Longobardi sarebbero ripetutamente ritornati all’attacco.
Della Brindisi del VII secolo, durante gli anni che precedettero la conquista della città da parte dei Longobardi nel 674, non si hanno molte notizie specifiche, tranne quelle, comunque approssimate e incerte, riguardanti la sua storia arcivescovile, interrotta dal trasferimento della diocesi a Oria, conseguente, appunto, alla venuta dei Longobardi:

«Proculus, che precedette Pelino come vescovo di Brindisi e che fu venerato come beato, secondo l’Ughelli fu “romano di nazione”. Diversamente, Guerrieri lo ritenne brindisino, “ma di famiglia romana qui stabilitasi, e il suo nome Aulo Proculo”.
Pelino, monaco basiliano (*) formatosi in Durazzo, in quanto non aderente al Tipo, ossia all'editto dogmatico voluto dall'imperatore bizantino Costante II nel 648, e in quanto difensore dell’ortodossia, pensando di trovare un asilo sicurocoi siri Gorgonio e Sebastio e col suo discepolo Ciprio, si trasferì a Brindisii cui vescovi venivano confermati da Roma.(*) In appendice una nota sul monachesimo basiliano a Brindisi.

Seguita la morte di Proculus, il non ancora quarantenne Pelino assunse la dignità episcopale. Si mostrò in questa veste, fermo e intransigente innanzi ai funzionari imperiali che, infine, lo allontanarono dalla cattedra brindisina. Deportato a Corfinio, in Abruzzo, venne lì condannato a morte e ucciso, probabilmente nel 662 in uno con Sebastio e Gorgonio, bibliotecari, ossia archivisti della sede episcopale di Brindisi.
Ciprio, originario di Durazzo, figlio del retore Elladio e discepolo di Pelino, si sarebbe trasferito a Brindisi col suo maestro. Sfuggito alla morte in occasione del martirio del maestro, in virtù della sua giovanissima età, sarebbe tornato a Brindisi e sarebbe succeduto a Pelino sulla cattedra episcopale. Poco lontano da una delle porte della città, nei pressi della chiesa di Santa Maria, avrebbe eretto una basilica in onore di Pelino, un tempio che fu demolito nel tardo XVI secolo.» -Giacomo Carito -

Dopo l’omicidio dell’imperatore Costante II, avvenuto a Siracusa nel 668, i Longobardi del duca Romualdo recuperarono molti dei territori e delle città del meridione d’Italia, occupando anche gran parte dello strategico ducato di Calabria, in particolare Taranto e nel 674 anche Brindisi, che per la prima volta in centoventicinque anni fu sottratta al governo dei Greci. Il dominio bizantino nelle due penisole meridionali d’Italia si ridusse,così, a solamente le città di Otranto eGallipoli con il loro entroterra e a parte del Bruzio, territori tutti che, integrati amministrativamente, continuarono comunque a denominarsi ducato di Calabria, nonostante fossero fisicamente separati di fatto in due pezzi completamente distinti.
I Longobardi trovarono in Brindisi una città in profonda crisi, con le antiche mura romane dirute, così come la maggior parte degli edifici monumentali dell’età classica. Quindi, la distrussero, essendo un porto per essi inutile e difficile da difendere contro gli abili navigatori bizantini, e fecero di Oria il loro più forte caposaldo in Terra di Otranto, un caposaldo facile da difendere trovandosi in una posizione sopraelevata rispetto alla zona circostante.
In quegli anni era vescovo di Brindisi Prezioso, l’ultimo residente in città prima del trasferimento della sede episcopale a Oria, resa inevitabile proprio dalla volontà longobarda di voler distruggere Brindisi.
Prezioso morì poco prima dell’arrivo dei Longobardi e venne seppellito in un sarcofago con una scritta quasi graffita ad indicare la sepoltura affrettata fatta da una cittadinanza sbandata e, probabilmente, già in fuga.
Brindisi, in effetti, con l’arrivo dei Longobardi fu abbandonata e restò quasi priva d’abitanti, con solo qualche sparuto gruppo di cittadini che si stabilì intorno al vecchio martyrium di San Leucio e pochi gruppidi Ebrei che restarono per mantenervi un piccolo scalo marittimo per la loro colonia oritana. In una città comunque ormai ridotta a un parvissimum oppidum fortificato, molto contratto rispetto all’antica urbe romana.
Un abbandono documentato anche dall’Anonimo tranese, che descrisse la città quando i suoi concittadini trafugarono nottetempo le spoglie del protovescovo Leucio portandole a Trani, perché poi, depredate dai Saraceni fossero da questi vendute al presule di Benevento. Abbandono anche inevitabilmente associato alla già consumata perdita di centralità del porto e confermato,ulteriormente, dalla quasi totale mancanza di riferimenti a Brindisi nelle fonti di quell’epoca.
Nel 750 i Longobardi del re Astolfo invasero da nord l’esarcato bizantino e riuscirono a conquistare la stessa Ravenna, capitale e simbolo del potere bizantino in Italia. Poi, nel 753, l'ambizioso re longobardo invase il ducato romano e assediò Roma. Il papa Stefano II, sollecitò allora l'aiuto del re di Francia, Pipino il breve, il quale discese in Italia, sconfisse i Longobardi e costrinse Astolfo a cedere l’Esarcato con la Pentapoli, però al papa invece che all’impero, promuovendo con ciò la nascita formale di uno Stato della Chiesa indipendente da Bisanzio.

I Longobardi dominarono il centro-nord d’Italia per ancora vent’anni, fino al 774, quando i Franchi del re Carlo, richiamati dal papa Adriano, li sconfissero di nuovo a più riprese e consegnarono alla Chiesa di Roma buona parte del territorio centrale della penisola, dando così inizio al potere temporale dei papi e separando del tutto, anche fisicamente, la parte settentrionale dalla meridionale dello stivale.
Mentre tutto il settentrione d’Italia passò sotto l’influenza del sacro romano impero,
sorto con l’incoronazione papale di Carlo Magno in San Pietro nel Natale dell’800, i territori a sud di Roma ritornarono sotto il “nominale” controllo bizantino, tranne Benevento che con tutto il suo vasto territorio rimase autonomamente longobarda, assurgendo a principato e conservando in parte il suo dominio, o comunque una sua certa influenza, sulle aree contigue, la nominalmente bizantina Brindisi inclusa.
E tranne la Sicilia, che nell'827fu occupata dagli Arabi divenendo provincia musulmana,mentre,come conseguenza di tale avvenimento, tutti i “nominali”domini bizantini nell'Italia meridionale entrarono in situazione di maggiore incertezza ed insicurezza, permanendo costantemente alla mercé delle insidie degli irriducibili Longobardi beneventani e delle razzie dei nuovi arrivati, gli imprevedibili e violenti Saraceni.
Nell’838, infatti, Brindisi venne assalita, saccheggiata, bruciata e poi spontaneamente abbandonata dalle bande berbere, nonostante il sopraggiunto soccorso delle truppe del principe beneventano Sicardo che, nella lotta intrapresa per liberare la città, rischiò di perdere la propria vita, comunque già destinata a una fine imminente. Il suo regicidio dell’anno seguente provocò la scissione del principato,con la proclamazione di suo fratello Siconolfo a principe di Salerno e del regicida Radelchi a principe di Benevento.
E i Saraceni, resi più baldanzosi da quelle lotte intestine longobarde, nel giro di pochi anni dilagarono: vicinissimo alla “pluri-distrutta” città di Brindisi occuparono stabilmente Guaceto ove costruirono un campo trincerato; s’impadronirono quindi di Taranto e, soprattutto, fondarono l’emirato di Bari.

Così, oltre che dalla Sicilia, anche da Taranto e principalmente da Bari, partirono per anni le incursioni arabe,sempre più vaste e più incisive, dirette sulle città e su tutti i territori dei residui domini bizantini del meridione italiano.
Nell’850 fu eletto sacro romano imperatore Ludovico II e scese nel sud d’Italia nel tentativo di liberare le città pugliesi, Bari innanzi tutto, ma fallì nell’intento contro i Saraceni, resi ancor più audaci dai contrasti inevitabilmente sorti tra l’imperatore e i principi longobardi, primordialmente interessati a difendere e conservare la propria autonomia da ambedue gli imperi.
Il successo sui Saraceni, ottenuto nell’864 da Orso, doge di Venezia, permise per qualche anno la restaurazione del dominio bizantino su Taranto, ma comunque non impedì ai Saraceni di resistere di nuovo al sacro romano imperatore Ludovico II che, ridisceso in Puglia nell’866, in Terra d’Otranto solo riuscì a liberare dall’occupazione araba Oria e Matera, mentre l’enorme flotta di ben quattrocento navi inviatagli nell’869 da Costantinopoli per liberare Bari, abbandonò l’Adriatico, si diresse a Corinto e lo lasciò solo ed impotente. Ludovico, infatti,si era inspiegabilmente ritirato a Venosa rifiutando di acconsentire al già in precedenza accordato matrimonio di sua figlia, Ermengarda, con Costantino, figlio dell’imperatore d’oriente Basilio I.
Nel trascorso di quella campagna, con lo strategico obiettivo di colpire i Saraceni dell’emirato barese, intorno all’867 Ludovico II assediò e quindi assaltò anche Brindisi, che nell’864 era stata rioccupata dai Saraceni.
Dopo qualche anno, tra i due imperi si ristabilì una certa collaborazione e Ludovico II poté puntare su Bari, conquistandola finalmente il 3 febbraio dell’871, liberandola dal trentennale dominio arabo,e facendo prigioniero l’emiro Sawdan, che fu portato dal principe Adelchi a Benevento, dove rimase incarcerato per anni.
Quindi, venne anche la volta della liberazione di Taranto, che era stata rioccupata nell’868 dai Saraceni; e in quella occasione, tra l’878 e l’880, l’azione spettò ai Bizantini dell’imperatore Basilio I che, comandati dal generale Niceforo Foca, la completarono dopo aver, nell’876, strappato Bari all’influenza del principe beneventano Adelchi.
Poi, Niceforo Foca estese la controffensiva bizantina globale su tutto il meridione italiano, riconquistando le ultime città rimaste in mano araba e riuscendo a recuperare anche il resto dei territori occupati dai principi longobardi, compresi quelli che avevano separato in due il ducato di Calabria, cioè l’antico Bruttium dalle antiche Apulia et Calabria.In quella vittoriosa campagna, il generale bizantino solamente non poté liberare la Sicilia dall’occupazione araba.
E fu nel contesto di quella lunga campagna, che nell’886 anche Brindisi tornò sotto il formale controllo del Bizantini, i quali, naturalmente, la incontrarono praticamente tutta in macerie: “macerie longobarde del 674, macerie saracene dell’838 e macerie imperiali dell’867”.

Nell’886 morì l’imperatore Basilio I e gli succedette sul trono d’oriente il figlio Leone VI, il quale richiamò il vittorioso generale Niceforo Foca nominandolo comandante supremo dell’esercito imperiale e questi s’imbarcò da Brindisi alla volta di Costantinopoli con gran parte del suo esercito e lasciando alla città numerosi prigionieri utili alla ricostruzione.
Il ritorno dei Bizantini a Brindisi, fu accompagnato da timidi e presto interrotti segnali di rinascita quando, alla fine di quel secolo IX, si iniziò la ricostruzione della chiesa di San Leucio, impulsata da vescovo oritano Teodosio in occasione del ritorno in città di una parte delle reliquie sottratte dai Tranesi. E negli anni a seguire, la popolazione, di sua iniziativa, intraprese anche la costruzione di un’altra chiesa, che fu localizzata nei pressi dell’imboccatura del porto, in omaggio e ringraziamento allo stratega Niceforo Foca. Ma poi, quasi null’altro: presto, infatti, ritornarono i pirati.

Il 18 ottobre 891, dopo un assedio di due mesi, anche la stessa Benevento capitolò e nell’892 i Bizantini fondarono il Thema di Langobardia con capitale Bari, che affiancò quello di Calabria con capitale Reggio e che con quella riorganizzazione non comprese più l’antica Calabria, ossia l'odierno Salento, che invece fu parte del nuovo Thema di Langobardia.
La denominazione di Calabria, infatti, dopo essere stata estesa al Bruzio, a quell’epoca aveva già finito con l’abbandonare del tutto il suo originale territorio salentino e il Thema di Calabria comprese, oltre al Bruzio e il Sannio, anche i territori di nuova acquisizione e per qualche anno la capitale fu Benevento, che poi, nell'895 con l'aiuto del ducato di Spoleto, si liberò dei Bizantini scacciandoli dalla città, facendo trasferire a Bari la capitale del Thema di Calabria.
Poi, per tutto il successivo secolo, il X, le coste adriatiche ritornarono ad essere ripetutamente preda dei pirati saraceni, ai quali si alternarono anche quelli slavi, che nel 922 assaltarono per la prima volta Brindisi, dove ritornarono ancora nel 926 e dove giunsero anche, nel 929, gli Schiavoni.
Nel 975 il Thema di Calabria e quello di Langobardia furono integrati per formare il Catapanato d'Italia, mentre in quello stesso anno e per i decenni successivi, gli Arabi dalla Sicilia saccheggiarono Reggio ed altri territori calabresi, da dove, continuando l'avanzata verso nord, superarono Cosenza e, di nuovo, entrarono in Lucania e in Puglia, dove nell’agosto del 977 distrussero Taranto, che trovarono abbandonata dai suoi abitanti e quindi, saccheggiarono nuovamente anche Oria.
Tra la fine del primo millennio e l’inizio del secondo, la situazione generale delle coste e dell’entroterra nel meridione italiano, non poté essere più disperata:
«Assente l’impero bizantino nella lotta intrapresa dalle città pugliesi contro la pressione araba; impotenti ad intervenire i Longobardi di Benevento e Capua, coinvolti in guerre intestine e quelli di Salerno timorosi della crescente potenza amalfitana; ormai in fase di decadenza Gaeta, Napoli e Sorrento; inefficace la rapida apparizione del sacro imperatore Ottone III; le uniche forze in grado di opporsi ai Saraceni furono le repubbliche marinare, le quali si andavano affermando sul Tirreno con Pisa e,soprattutto, con Venezia sull’Adriatico.» -Tommaso Pedio-

«Finalmente, dopo che Durazzo nel 1005 tornò a far parte dei domini dell’impero d’Oriente, l’assetto politico del settore meridionale della costa adriatica italiana e, naturalmente, anche del suo entroterra, costituirono territori di vitale importanza strategica, giacché la capitale dell’impero poteva essere facilmente raggiunta via terra dopo la breve traversata da Brindisi a Durazzo.
Il porto di Brindisi diventò, come lo era stato per tutta l’antichità, il più importante terminale d’Italia della via Egnazia. La città fu così chiamata a svolgere di nuovo, dopo secoli di anonimato, un ruolo di primo piano in un più vasto panorama politico.
La portata dell’investimento bizantino a Brindisi dopo quell’avvenimento, è valutabile grazie alla testimonianza di un’epigrafe, in parte ancora leggibile, scolpita sul basamento di una delle due colonne che dal promontorio di ponente guardavano proprio l’imboccatura del porto interno.
La sua datazione, riferita alla prima metà del secolo XI, rende ancor più evidente la consequenzialità del nesso tra l’impresa del funzionario e la restaurazione del dominio imperiale sulle coste dalmate.» -Rosanna Alaggio-

Qualche anno dopo però, con l'arrivo dei Normanni giunse, finalmente, per i Bizantini del meridione italiano, la resa dei conti. Nel 1041, Normanni e Longobardi alleati batterono i Bizantini impossessandosi di gran parte del territorio del Catapanato d'Italia e, nel settembre del 1042, Guglielmo I d'Altavilla fondò, a Melfi, la Contea di Puglia: un territorio non omogeneo e suddiviso in baronie, distribuite tra Capitanata, Gargano, Apulia e Campania, fino al Vulture dove Melfi ne fu la capitale. In Apulia, la contea raggiunse due località sul mare: Trani e Monopoli.
Nel 1047, il sacro romano imperatore Enrico III legittimò i possedimenti dei Normanni e conferì a Drogone d'Altavilla, succeduto a Guglielmo I, l'investitura di conte di Apulia e Calabria. E nel 1051, il papa Leone IX dichiarò decaduta la stirpe longobarda in Benevento, riconoscendo l’investitura di Drogone a conte di Puglia e condizionandola alla sottomissione al papato. Nel 1059 la contea fu elevata a ducato dal Pontefice Niccolò II nel Concilio di Melfi e Roberto il Guiscardo fu nominato duca di Puglia e Calabria.
Finalmente, quindi, anche per i due principati longobardi, di Benevento prima e di Salerno dopo, l'arrivo dei Normanni venne a sancire la fine. Nel 1053, Roberto il Guiscardo conquistò Benevento, già da anni in franca decadenza, e ne dichiarò la sudditanza al papato. Poi, nel 1076, fu la volta di Salerno, che aveva esteso i suoi confini fino ad Amalfi, Sorrento, Gaeta e parte di Puglia e Calabria: lo stesso Roberto la espugnò e così, nel 1078, ampliato e consolidato dai Normanni il nuovo ducato di Puglia e Calabria, anche l'ultimo principe longobardo in Italia, prese la via dell'esilio.
Il dominio bizantino nel meridione italiano invece, dopo la conquista normanna e la fondazione della contea di Lecce, di fatto cessò nel 1071, con la presa di Taranto e di Brindisi da parte dello stesso Roberto il Guiscardo e la successiva fondazione, nel 1088, del potente principato di Taranto, al quale anche Brindisi fu ascritta.
Nel luglio del 1127 Guglielmo, duca di Puglia e Calabria, morì senza figli e Ruggero II, conte di Sicilia, reclamò in eredità tutti i possedimenti degli Altavilla e la signoria di Capua. Nell'agosto 1128 Ruggero fu proclamato nella città di Benevento duca di Puglia e, finalmente nel 1131, riuniti tutti i possedimenti nel neonato Regno di Sicilia, nella notte di Natale di quello stesso anno, fu solennemente incoronato re assumendo l'intitolazione di “rex Sicilie, ducatus Apulie et principatus Capue”.

Testo di Gianfranco Perri

-> APPENDICE: Il monachesimo orientale in Puglia e in Brindisi

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