STORIE DI ARCHEOLOGIA
ARCHEOLOGIA
SUBACQUEA SUL LITORALE BRINDISINO
Il mare di
Brindisi ha custodito per secoli, e molto probabilmente
continua a custodire nei suoi fondali, una grande quantità
di testimonianze storiche e archeologiche di particolare
importanza, reperti che vanno dal VI secolo avanti Cristo
al medioevo.
I primi ritrovamenti
subacquei risalgono alla seconda metà dell’800
in occasione delle operazioni di dragaggio del porto
interno quando furono recuperate alcune lastre marmoree
con iscrizioni, un bassorilievo in marmo raffigurante
la dea Nemesis e un cippo sepolcrale.
Sezione di un relitto, ricoperto
dal sedimento marino, al momento della scoperta (dis.
E.Rubini)
da Rassegna Archeologica Subacquea
L’attività
archeologica sottomarina è poi stata particolarmente
attiva negli anni ’60 e ’70, grazie soprattutto
ad un importante gruppo di subacquei locali (Fernando
Zongolo, Derio Camassa, Vanni
Meneghini, Sandro Mariano
e Gino Zongoli), che hanno poi fondato
la sezione salentina del Gruppo di Archeologia Sottomarina
(GRAS). Un importante lavoro di ricerca,
documentazione e recupero del patrimonio archeologico
subacqueo svolto in stretta collaborazione con la Soprintendenza
Archeologica della Puglia ed il Museo Provinciale “Francesco
Ribezzo” (MAPRI) di Brindisi.
I vari ritrovamenti fittili, metallici e litici recuperati
in tutti questi anni sono accuratamente riportati sulla
carta archeologica del litorale brindisino, un documento
che fa parte della più ampia Carta Archeologica
del Salento realizzata nel 2004 da Rita
Auriemma (docente di archeologia subacquea
presso l’Università del Salento); ogni
oggetto rinvenuto è stato attentamente corredato
da schede con foto e rilievi.
Una delle zone
che ha restituito un consistente numero di reperti importanti
è quella di “Punta Penne”,
sulla costa nord del capoluogo. Qui si sono conservati
per oltre 27 secoli, grazie alla tipologia del fondale
poco profondo e sabbioso, alcuni relitti di navi ed
all’interno, o nell’immediate vicinanze,
anfore, resti ceramici, bicchieri, anelli, lamine in
piombo, ceppi di ancore e suppellettili di bordo, come
lucerne in bronzo e una interessantissima stadera
in bronzo, (bilancia di origine romana basata
sul principio delle leve, indispensabile nelle operazioni
di acquisto e vendita delle mercanzie, oggi conservata
presso il Museo Archeologico Statale di Egnazia) integra
e completa di ogni elemento, con il contrappeso raffigurante
una Minerva e asta graduata a doppia portata su due
scale diverse.
La stadera in bronzo rinvenuta
a Punta Penne
Poco distante la nota zona di mare denominata Punta
del Serrone, dove il 19 luglio del 1992 furono
scoperti i famosi Bronzi di Brindisi (scheda
completa sui Bronzi di Punta del Serrone).
Un altro importantissimo
sito di archeologia subacquea è quello di Santa
Sabina (Marina di Carovigno), una baia dove
sono state ritrovate numerose navi “intrappolate”
tra i banchi sabbiosi e la roccia, a pochi metri dalla
riva. Resti lignei di scafi, chiglie, ordinate, scasse,
tavole e madieri tutti documentati prima che le maree
ricoprissero con la sabbia parte del fasciame.
Qui sono stati recuperati materiali di interesse archeologico
risalente ad epoche che vanno dal VII secolo a.C. al
II d.C. Vasi arcaici, laconici anche figurati, ceramica
a fasce e di tipo corinzio, coppe ed anfore commerciali
di varie epoche solo per citarne i più significativi.
Santa Sabina è stata indagata sin dai primi anni
’70 ed oggi è un importante Campo Scuola
universitario. Gli esperti ritengono che il sito abbia
svolto probabilmente una funzione essenzialmente di
riparo per le navi che dall’oriente e dalla Grecia
risalivano lungo l’Adriatico orientale e poi scendere
verso il sicuro porto di Brindisi.
Per un maggiore dettaglio di quanto ritrovato presso
il sito di Santa Sabina, si consiglia la consultazione
dei documenti seguenti.
Archeologi al lavoro nel sito
subacqueo di Torre Santa Sabina
E' difficile riuscire ad elencare
tutti i vari ritrovamenti del litorale brindisino che
si estende per circa 80 km, pertanto si ricordano solo
alcuni tra i principali:
- Savelletri
(Fasano), anfore corinzie.
- Egnazia
(I sec. a.C.), i moli e le strutture del porto romano.
- Lido Sant’Anna
(litorale a nord di Brindisi), frammenti di recipienti
in bronzo.
- Località
Acque Chiare (litorale nord di Brindisi), ceppi in
piombo e anfore del tipo Dressel.
- Litorale
nord tra Torre Guaceto e Apani, resti di anfore, anfore
del tipo Lamboglia, ancore in piombo, una macina,
un frammento di una spada arcuata e una pelvis in
terracotta a pareti curve.
- Punta Penna
Grossa (litorale a nord), un giacimento di anfore
olearie del tipo Dressel (I sec. d.C.).
-
Località Giancola (litorale a nord), un’ancora
litica, un relitto con una macina di granito e una
parte di uno scafo; inoltre resti
di coppi, frammenti di anfore e un’ancora
litica con foro presso il promontorio Torre
Testa
- Località Sbitri
(litorale a nord) , un
ceppo di ancora in piombo di tipo mobile.
-
Località
Sciaia (litorale a nord), presso lo specchio d’acqua
conosciuto come “Conca” un contrappeso
in bronzo di stadera a forma globulare
-
Costa tra
Torre Cavallo e Punta della Contessa (litorale sud
di Brindisi), anforette, anfore del tipo Dressel,
pani di rame a forma circolare, ceppi d’ancora
mobile, uno d’ancora fisso con iscrizione
e tre lingotti a sezione trapezioidale con raffigurazione
tra Torre Cavallo e Punta della Contessa.
- Torre Mattarelle
(litorale sud di Brindisi), scandaglio in piombo.
-
Torre
San Gennaro(litorale sud di Brindisi), piccoli ceppi
in piombo, un mulino per grano in granito con foro
centrale, anfore del tipo Dressel e una del tipo
corinzia (III sec. a.C. con rivestimento interno
bituminoso per l’impermeabilizzazione), anforette
con graffito in greco e due cannoni in ferro con
reperti metallici e ceramici appartenuti ad un relitto
del XV-XVI secolo.
-
Isole
delle Pedagne, (porto esterno di Brindisi), frammenti
di anfore, il fasciame di una nave onoraria e fasciame
con legatura a mortasse e tenoni di un’altra
imbarcazione ed ancora un ceppo di ancora in piombo
del tipo fisso decorato a rilievo con astragali.
-
Tra
il porto medio e quello interno della città
sono stati recuperati alcune palle di cannone, cocci
di piatti e di ceramica smaltata e i resti (chiglia
e ordinate) di una imbarcazione di età medievale,
ricoperte da pietre bianche, probabilmente il carico
utilizzato dal principe di Taranto Giannantonio
Orsini del Balzo per fare affondare la nave all’ingresso
del porto, chiudendone il passaggio ed evitare l’ingresso
alle navi degli aragonesi e veneziani.
-
Punta Cavallo (litorale sud di Brindisi), resti
di un relitto di possibile epoca medievale, con
due livelli diversi di madieri divisi da puntelli
e un rivestimento a doppio fasciame.
-
Costa
a sud tra Cerano e Campo di Mare, colli d’anfora,
uno scandaglio in piombo e un’anfora affiorante
(poi recuperata).
Il
mare ha inoltre restituito numerose anfore vinarie
ed olearie di varie provenienze, anelli, chiodi in
bronzo, scandagli, monete, bicchieri e vasi decorati,
statue, vasche, ancore in piombo, elmi e armi medievali.
Meritano
di essere ricordati anche le altre personalità
che hanno contribuito allo sviluppo della ricerca
archeologica sottomarina dell’area brindisina,
come la dott.ssa Benita Sciarra,
direttrice del Museo Provinciale dal 1973 al 1991,
forte sostenitrice delle attività del GRAS,
il prof. Nino Lamboglia del Centro
Sperimentale di Archeologia Sottomarina di Albenga,
che ha contribuito alla nascita della sezione salentina
del gruppo operante nell’ambito dell’archeologia
subacquea; Gerard Kapitän, uno
dei pionieri dell’archeologia subacquea, che
con un gruppo di giovani sommozzatori operò
tra Egnazia a Torre San Gennaro sin dagli anni ’60.
Le attività
di studio continuano con il lavoro “in solitario”
di Fernando Zongolo e dei giovani archeosub, attentamente
formati al lavoro meticoloso e particolare della ricerca
archeologica sottomarina.
Il mare e
le maree spostano la sabbia che occulta o scopre i
resti delle imbarcazioni e reperti ancora nascosti,
l’importante è essere al punto giusto
al momento giusto.
Le foto nel testo sono di Fernando
Zongolo, il disegno è di Eugenio Rubini.
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