STORIE DI ARCHEOLOGIA
LE MURA ROMANE
DI VIA MONTENEGRO
Scoperte nel 1991 all'interno di un locale privato,
queste straordinarie e antiche strutture risultano ancora
molto ben conservate, anche se è ancora incerta
la loro funzione originale
Le sovrapposizioni
storico-architettoniche che caratterizzano Brindisi
ci mostrano una realtà decisamente più
ricca e complessa di quella che si manifesta visivamente
nei monumenti maggiormente conosciuti. Il processo di
sedimentazione della nostra storia è leggibile
attraverso una serie di segni e testimonianze utili
a ricostruire l'assetto insediativo nell'antichità.
La città è stata vissuta e abitata da
personaggi famosi, guerrieri, nobili e popolani che
nel corso dei secoli hanno lasciato numerose evidenze
della loro presenza, alcune si manifestano sotto i nostri
occhi in tutto il loro splendore, altre sono celate
e purtroppo inaccessibili.
Le mura romane affioranti dal
pavimento del locale laboratorio
Tra questi piccoli
gioielli di cui non immaginiamo l'esistenza, c'è
una interessantissima struttura muraria con i resti
di un complesso residenziale di epoca romana che solo
in pochi conoscono, un luogo affascinante e inaspettato
molto ben preservato, che meriterebbe di essere maggiormente
valorizzato e reso noto.
La scoperta di questo antico ambiente ipogeo è
avvenuta per puro caso nel luglio del 1991, durante
i lavori di rifacimento della pavimentazione di un laboratorio
artigianale. Il proprietario dell'immobile, sito alla
metà circa di via Montenegro, segnalò
prontamente il rinvenimento di una struttura muraria
antica che affiorava dalla base del pavimento del suo
locale. Tra settembre e novembre di quell'anno ebbe
inizio l'intervento di scavo condotto sotto la direzione
scientifica di Assunta Cocchiaro, funzionario
competente per territorio della Soprintendenza per i
Beni Archeologici della Puglia, che riportò alla
luce un affascinante pezzo di storia della Brindisi
antica. I lavori furono avviati partendo da una piccola
cisterna moderna sottostante il laboratorio.
Le struttura muraria di epoca
romana con addossato un muretto intonacato del complesso
edilizio
Il ritrovamento più
importante è senza dubbio il tratto di muro "in
opera quadrata isodomica", cioè realizzato
con la nota tecnica di costruzione utilizzata dagli
antichi romani, che consiste nella sovrapposizione di
blocchi squadrati di forma parallelepipeda e della stessa
altezza, sistemati su filari omogenei e disposti in
maniera sfalsata. La muratura ha una lunghezza di tre
metri e settantacinque centimetri e un'altezza di circa
tre metri e mezzo, sviluppati su 11 filari di blocchi
aventi dimensioni variabili da 1,05 a 1,10 metri di
lunghezza e 40 cm di altezza.
Per la similitudine della tecnica costruttiva e per
l'orientamento (direzione nord est - sud ovest), è
stato posto in connessione sin da subito con il tratto
murario visibile in piazzetta Alberione (l'ampio spazio
che è al principio di via Camassa e P.le Flacco)
e quindi considerato come una porzione della cinta muraria
urbica. Tale pertinenza all'impianto difensivo non è
da escludere, anche se recenti studi ritengono più
probabile "una sua funzione come struttura di
terrazzamento e di regolazione di quest'area, dalla
morfologia varia e discontinua" (G. Cera, 2022).
I due tratti murari, infatti, risultano essere paralleli
ma non allineati, tra i due piani esiste una distanza
di circa 4,5 metri. Oltretutto un'analoga finalità
di sistemazione del pendio potrebbe essere stata svolta
da altre strutture murarie già individuate nella
stessa area. Si è inoltre ipotizzata una funzionalità
di contenimento e di protezione della strada che dalla
banchina del porto conduceva all'apice della collinetta
sulla quale oggi sorge la Cattedrale, sopraelevata di
circa 22 metri sul livello del mare, dove venne eretto
un grandioso tempio dedicato ad una divinità
femminile, verosimilmente Diana.
Planimetria dello scavo in via
Montenegro (da G. Cera, 2022 - autorizzata dall'A.)
Durante le fasi di
scavo venne individuata la fondazione della parete,
ma la risalita della falda acquifera impedì di
effettuare un ulteriore saggio al di sotto della base,
ciò non permise di ottenere elementi utili per
un preciso inquadramento cronologico della struttura.
È stato comunque possibile studiare il più
antico livello di frequentazione rinvenuto sulla parte
esterna del muro, attribuibile alla fine del III secolo
a.C., ovvero all'epoca della conquista della città
da parte dei romani e dell'istituzione della colonia
di diritto latino.
In una fase successiva, in età imperiale romana,
a queste mura si addossarono le strutture di un complesso
edilizio o di una abitazione, di cui si conservano tre
muri intonacati (un lato del vano era costituito da
un tratto foderato del muro in opera quadrata) e una
parte di pavimento in "opus spicatum",
un tipo di rivestimento formato da piccoli mattoni laterizi
collocati a taglio secondo la disposizione di una spina
di pesce o di una spiga di grano, molto ben preservato.
Su uno dei muri è presente anche un piccolo e
particolare graffito. Nel sito furono altresì
ritrovati due dolium, i tipici contenitori in
terracotta destinati a contenere derrate alimentari
liquide (vino, olio, ecc.) o solide (grano o legumi),
parzialmente interrati, probabilmente appartenute ad
una prima fase edilizia.
Il livello di riempimento, ossia gli strati e le caratteristiche
del materiale vario depositato o usato intenzionalmente
per occludere l'ambiente, attesta il periodo di abbandono
della struttura abitativa compreso tra il III e il IV
secolo d.C.
Due mura intonacati del complesso
edilizio, alla base il pavimento in opus spicatum
L'intervento di scavo
fu molto impegnativo, divenne necessario persino procedere
alla realizzazione di spessi tramezzi in cemento armato
di sottofondazione per sostenere e non compromettere
la stabilità dell'edifico moderno, composto da
piano terra e primo piano. L'areazione dell'ambiente
ipogeo venne garantita dalle griglie presenti sulla
botola e sull'apertura nel piano del locale, realizzata
in corrispondenza del muro in opera quadrata. Fu inoltre
inserito un piccolo estrattore d'aria.
Alla suggestiva area archeologica si accede attraverso
il portello posto sul pavimento, quindi con una scala
in metallo e una apposita passerella che permette di
attraversare uno dei muri romani.
I due dolii (contenitori di derrate
alimentari) rinvenuti nell'area archologica
Nessuno tra quelli
che hanno avuto la possibilità di entrare in
questo luogo straordinario è rimasto deluso,
anzi. Tutti possono testimoniare le straordinarie sensazioni
che si provano davanti a tanta bellezza, soprattutto
per l'eccezionale stato di conservazione di queste opere
antiche. Si rimane sorpresi dalla monumentalità
del tratto murario e si resta stupiti davanti all'integrità
qualitativa del pavimento della domus romana, custodito
nelle fondamenta delle varie costruzioni che qui si
sono succedute per circa venti secoli. Meraviglie che
fanno emozionare, che ci aiutano a crescere come persone
e ci rendono orgogliosi di vivere in questa città
dalla storia millenaria.
Sarebbe auspicabile diffondere, con giustificata fierezza,
la conoscenza di questo patrimonio ritrovato, promuovendolo
e mettendolo a disposizione della collettività
attraverso una adeguata fruizione pubblica. E non solo
dal punto di vista turistico, ma anche per sensibilizzare
al meglio studenti e appassionati sui temi dell'archeologia
e della storia, incentivando così la cultura
della ricerca e della scoperta.
Particolare del pavimento in
opus spicatum del complesso edilizio,
Testo
di Giovanni Membola
Pubblicato sul settimanale "Il 7 Magazine"
numero 290 del 24 febbraio 2023
Bigliografia
- Giovanna Cera. Brindisi in età messapica
e romana. Topografia della città. Atlante
Tematico di Topografia Antica. Supplementi, 23. 2022.
- Assunta Cocchiaro. Brindisi via Montenegro.
Brochure pieghevole pubblicato dalla Soprintendenza
Archeologica della Puglia. 1995
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