Le
Colonne sono da sempre il simbolo della
città di Brindisi. Conosciute erroneamente come
simbolo del termine dell'antica via Appia, rappresentavano
probabilmente un monumento che celebrava la vittoria
(o la speranza per tale esito) in occasione della partenza
(o del ritorno) via mare di una spedizione militare.
Delle due colonne
gemelle originarie, realizzate dopo le matà del
II secolo con un marmo proveniente da Preconneso (isola
nello stretto dei Dardanelli, in Turchia), solo una
e' integra ed è costituita da otto rocchi, per
un'altezza complessiva di 19,20 metri (dato riportato
dal settore Beni Monumentali del Comune, mentre gli
studi del prof. Jurlaro indicano un’altezza di
18,74 metri di cui 4,44 metri i basamenti parallelepipedi
rivestiti in marmo, 11,45 metri i rocchi, 1,85 il capitello
e 1 metro il pulvino).
La colonna è sormontata da un
capitello di ordine corinzio, simile
ad un rinvenimento avvenuto presso le Terme di Caracalla
a Roma, decorato con foglie di acanto e dodici figure
mitologiche a mezzo busto, i quattro principali rappresentano
le divinità marine maschili e femminili alternate
che sorreggono l'abaco del capitello, sopra il quale
poteva essere stata collocata la statua di un personaggio
onorato. Delle figure principali
del capitello è stato identificato con una certa
sicurezza Nettuno (rivolto verso il
mare), al quale si contrappone Giove (o forse Oceano),
quindi sugli altri due lati si ipotizzano le figure
di Giunone e Intride (o forse Marte e Minerva o ancora
Anfitrite e Teti), mentre le altre otto figure agli
angoli sono dei Tritoni che suonano con strumenti ricavati
da conchiglie marine.
Attualmente gli originali del capitello, del pulvino
e dell'ultimo rocchio della colonna sono esposti all’interno
del palazzo dell'ex Corte d'Assise di via Duomo(scheda),
mentre sulla colonna vi sono le copie (calco dei componenti
originali) realizzati in resina.
I basamenti di entrambe
le colonne sono probabilmente risalenti ad una prima
fase costruttiva (I sec. a.C.), su quello della colonna
superstite è impressa un’iscrizione latina
di età altomedioevale in cui si ricorda la ricostruzione
di Brindisi del IX secolo per opera del bizantino Lupo
Protospata. Sulla base della colonna caduta si legge
appena una iscrizione, una dedica fatta a nome del senato
e del popolo romano, con ringraziamento a Giove.
Anche per i basamenti si ipotizza il riutilizzo di materiali
appartenuti ad altri monumenti brindisini risalenti
ad epoche differenti.
Dell'altra colonna,
caduta nel 1528, e' visibile la sola base e uno dei
rocchi, la parte restante - dopo essere rimasta al suolo
per oltre un secolo - fu' donata alla città di
Lecce dove oggi forma parte della colonna di Sant’Oronzo
(scheda
e foto). Il capitello di questa colonna rappresentava
quattro figure femminili e principi persiani, ma fu
completamente rilavorato prima di essere eretta nella
piazza leccese.
Sull’origine
e il significato delle colonne sono state fatte varie
ipotesi, tutte dimostrate errate, come quella più
nota che le indicavano come simbolo terminale della
Via Appia, ma anche come un monumento in onore di Ercole,
padre di Brento fondatore della città, ed ancora
come faro per i naviganti in ingresso nel porto, ovvero
una lampada sostenuta da un architrave che poggiava
su entrambe le colonne. Altri studiosi, sulla base di
elementi iconografici ed archeologici, ipotizzano una
datazione successiva all'epoca imperiale romana, senza
escludere una sistemazione finale risalente all’epoca
bizantina.
Restauro
Interventi di restauro si sono susseguiti a partire
dalla fine del XIX secolo e programmati nel 1914 e nel
1923-1924. Nel 1940, durante il secondo conflitto mondiale
e al fine di proteggere il monumento dai bombardamenti
aerei, la colonna fu smontata ed i singoli elementi
furono posti in sicurezza nelle vicinanze (documento);
il rimontaggio, avvenuto nel 1948, fu effettuato in
maniera frettolosa senza rispettare la collocazione
originale dei singoli rocchi. Nel 1980 il distacco di alcuni
elementi marmorei portarono ad un intervento preliminare
di protezione delle parti più a rischio e fu
valutata l’opportunità dello smontaggio
della colonna al fine di effettuare un intervento risolutivo
e conservativo. Sette anni dopo fu installato un ponteggio
che inglobava l’intero monumento al fine di eseguire
ulteriori interventi e lo studio statico-strutturale
più approfondito, ma solo nell’ottobre
del 1995 (dal 2 al 7 ottobre) si effettuò lo
smontaggio di tutti i componenti che vide l’impiego
di una gru da 500 tonnellate. I singoli pezzi furono
portati via mare, su una chiatta, in un capannone dello
stabilimento Enichem dove vennero svolti i lavori di
restauro (pulitura chimico meccanica e protezione chimico-fisica
delle superfici con applicazione di polisilossano utile
ad impedire la penetrazione di acqua e gas inquinanti).
Nel 1996 furono effettuati indagini archeologiche nella
piazzetta delle colonne, studi che evidenziarono il
grave stato del sottosuolo dove poggiavano i due basamenti,
in particolare del banco di roccia sotto la fondazione
cementizia di epoca romana, che mostrava cavità
naturali molto estese, ampliate nei secoli per via dall’erosione
delle acque. L’anno successivo ulteriori scavi
portarono alla scoperta, a nord dei basamenti, di alcuni
resti di un giardino privato settecentesco.
Lo scavo per le indagine archeologiche
intorno ai basamenti delle Colonne
Gli elementi della colonna nel
capannone dello stabilimento Enichem (Archivio Enichem)
Piazzetta delle Colonne, resti
di un giardino privato settecentesco (ph. G.Membola
1997)
Nel maggio del 2002 i vari elementi della colonna furono
riportati sul sito originario e fu consolidato il basamento.
Dopo un lungo periodo di assenza, il 21 luglio del 2003
fu eseguito il rimontaggio della colonna con i calchi
del capitello, del pulvino e dell’ultimo rocchio,
gli originali furono trasferiti il 18 e 19 settembre
del 2007 dallo stabilimento ex-Syndial (zona industriale)
alla sala di dell’ex Corte di Assise (Palazzo
Granafei Nervegna), musealizzazione decisa per proteggere
dall’aggressione dei sali marini questi componenti
già in buona parte compromessi.
Sul lato destro della
piazza, guardando verso il mare, all'interno di una
abitazione privata sono presenti i resti della casa
dove soggiornò e morì il poeta latino
Publio Virgilio Marone nel 19 a.C.;
all'esterno è visibile una epigrafe che ne ricorda
il luogo.
Da qui la denominazione Scalinata Virgiliana
in onore del sommo poeta che dal lungomare porta al
pianoro delle colonne, realizzata nel 1861 ed ampliata,
conferendo l’aspetto attuale, nel 1933.
La Colonna del
Porto con la scalinata antecedente l'ampliamento
del 1933
Fotogallery
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foto
d'epoca
La Scalinata
Dal porto interno
Dall'alto
All'imbrunire
Il capitello
- particolari
Documento
sullo smontaggio della Colonna a protezione dai
bombardamenti della seconda guerra mondiale: » Giovanna
Maria Bozzi. Brindisi relazione pubblicata
nel volume 1940-45 Arte trafugata, arte salvata,
arte perduta: le città italiane tra guerra
e liberazione, a cura di Teresa Calvaro e
Maria Serlupi Crescenzi (edizioni Musei Vaticani,2012)
presentato al Convegno Internazionale "Musei
e Monumenti in guerra 1929-45: Londra - Parigi
- Roma - Berlino" dell 15 e 16 novembre 2012
organizzato da ANISA (Associazione nazionale Insegnanti
di storia dell'arte), i Musei Vaticani e la Galleria
Nazionale d'Arte Moderna di Roma.