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                         Monumenti - Asilo Nido "Maria 
                          Josè Principessa di Piemonte" 
                        Una villa con un esteso 
                          giardino di quattromila metri quadrati, non lontano 
                          dal centro della città, un luogo che ha visto 
                          crescere all’aria aperta generazioni di bambini, 
                          quasi settant’anni di servizi per l’infanzia 
                          in buona parte gestito, con ottimi risultati, dalle 
                          suore di Carità dell’Immacolata 
                          Concezione di Ivrea. 
                          L’ampia struttura con ingresso su via Ottaviano 
                          e i giardini con affaccio su via Appia, nei pressi dell’ex 
                          passaggio a livello ferroviario poco oltre Porta Mesagne, 
                          fu inaugurata come asilo nido “Maria Josè 
                          Principessa di Piemonte” il pomeriggio 
                          del 29 aprile del 1935 con la benedizione dei locali 
                          impartita dell’arcivescovo di Brindisi Tommaso 
                          Valeri, una cerimonia che vide la partecipazione 
                          del prefetto e delle principali autorità cittadine, 
                          oltre ad un folto gruppo di “patronesse” 
                          della benefica istituzione che si ispirava ai principi 
                          della terzogenita di re Alberto del Belgio, moglie del 
                          futuro re d’Italia Umberto II di Savoia. Maria 
                          Josè era infatti una donna dal carattere intraprendente, 
                          aveva a cuore l’infanzia e si prodigava per la 
                          propaganda dell’igiene dei bambini, in particolare 
                          preferiva trascorrere buona parte del tempo a prendersi 
                          cura dei fanciulli negli asili dove le operaie lasciavano 
                          i loro figli nelle ore di lavoro, “Cosa curiosa, 
                          non ho mai amato molto le bambole, ma adoro i bimbi 
                          in carne ed ossa” aveva dichiarato durante un’intervista 
                          dopo il fidanzamento ufficiale con il principe italiano. 
                         
                          
                          Veduta aerea dei giardini dell'ex 
                          asilo "Principessa di Piemonte" accanto alla 
                          ferrovia 
                        La struttura fu scelta 
                          ed acquisita nel 1932 dall’Amministrazione Provinciale 
                          con l’intento di provvedere all’infanzia 
                          abbandonata ed “alla tutela dei figli di quelle 
                          madri che si trovavano nella necessità di lasciare 
                          la loro casa per recarsi al lavoro”. Il vecchio 
                          fabbricato, in posizione rialzata di circa cinque metri 
                          rispetto al giardino, non era sufficientemente ampio 
                          per gli scopi che l’istituto si prefiggeva, pertanto 
                          fu deciso di ammodernarlo ed ampliarlo con una nuova 
                          ala a destra dello stabile originale e con l’elevazione 
                          di un secondo piano. Il progetto fu redatto da Telesforo 
                          Tarchioni, ingegnere capo dell’ufficio 
                          tecnico dell’Amministrazione Provinciale, mentre 
                          i lavori edili furono affidati alla ditta Luigi 
                          Pecone. 
                         L’edificio 
                          una volta completato poteva contare di numerosi ed ampi 
                          locali, tutti luminosi e ben arieggiati, ripartiti razionalmente 
                          così da rendere comoda la distribuzione dei vari 
                          servizi. Al secondo piano trovava posto il brefotrofio, 
                          dove venivano accolti i neonati indesiderati o abbandonati, 
                          bambini che i genitori non volevano o non potevano tenere 
                          con loro e che qui trovavano le cure di cui avevano 
                          bisogno. I piccoli potevano restare in questo istituto 
                          solo per i primi tre anni della loro vita in attesa 
                          di essere adottati o venire ripresi dalla propria famiglia 
                          d'origine, diversamente venivano trasferiti negli orfanatrofi 
                          delle zone limitrofe che li ospitavano sino al compimento 
                          della maggiore età. 
                          Il primo piano era occupato dall’asilo nido affidato 
                          alla Federazione per la protezione della Maternità 
                          e dell’Infanzia. Comprendeva un reparto “lattanti” 
                          e un reparto “divezzi” dove venivano ammessi 
                          i bambini da tre mesi a un anno di età, figli 
                          di donne lavoratrici che non avevano la possibilità 
                          di prendersi cura dei loro piccoli durante il giorno. 
                          Questi venivano portati al mattino e ripresi la sera 
                          anche da altri famigliari.  
                          Sempre all’interno del complesso erano già 
                          operativi da qualche mese il consultorio pediatrico 
                          e quello ostetrico.  
                          
                          I giardini dell'ex asilo "Principessa 
                          di Piemonte" (2017) 
                        Un centro di assistenza 
                          materna ed infantile davvero importante per l’epoca, 
                          che completava il servizio di sorveglianza e di educazione 
                          alla prima infanzia già sostenuto dall’asilo 
                          comunale del rione Mattonelle, in via Leonardo da Vinci, 
                          che ospitava circa 250 bambini sotto la direzione della 
                          suore francescane missionarie d’Egitto, e dall’asilo 
                          delle suore di San Vincenzo de' Paoli in piazza Duomo, 
                          dove venivano accuditi altri 150 fanciulli. A questi 
                          nel giro di pochi mesi si sarebbe aggiunto il nuovo 
                          asilo comunale in fase di realizzazione al rione Cappuccini, 
                          e il “Preventorio per bambini predisposti” 
                          alla tubercolosi, che stava per essere aperto (27 maggio 
                          1935) in località “Baroncino”, sulla 
                          litoranea nord di Brindisi (nei pressi del lido del 
                          carabiniere) per iniziativa del Consorzio Provinciale 
                          Antitubercolare, una colonia marina permanente finalizzata 
                          alla protezione, alla prevenzione ed educazione sanitaria 
                          dei bambini. La struttura a due piani con ampio terrazzo 
                          utile alle cure elioterapiche, era circondata da una 
                          folta pineta e da un agrumeto. Il servizio infermieristico 
                          e la conduzione dell’istituto venne affidato, 
                          anche in questo caso, ad alcune religiose. Contribuirono 
                          economicamente all’allestimento del Baroncino 
                          e dell’asilo nido Principessa di Piemonte alcune 
                          importanti elargizioni benefiche da parte di illustri 
                          cittadini come la N.D. Laura Ghidoli e di Vitantonio 
                          Guadalupi di Donato. 
                         Nel 1938 il servizio 
                          asilo nido fu trasferito nei questi nuovi locali della 
                          Casa della Madre e del Bambino di via Casimiro e il 
                          “Principessa di Piemonte” rimase come brefotrofio 
                          provinciale per soli bambini illegittimi non riconosciuti, 
                          sino a quando gli alleati non lo requisirono durante 
                          il secondo conflitto mondiale. 
                         Dopo la guerra, con 
                          le suore di Carità dell’Immacolata Concezione 
                          di Ivrea che presero possesso della struttura di via 
                          Ottaviano, l’opera educativa ed assistenziale 
                          all’infanzia è continuata sempre con ottimi 
                          risultati. La qualità dei servizi offerti dalle 
                          religiose è stata per tanti anni una garanzia 
                          per molti genitori che decidevano di affidare l’educazione 
                          dei propri piccoli alle competenze ed alla pazienza 
                          delle suore d’Ivrea.  
                          Qui i bambini avevano la possibilità di socializzazione 
                          e di esplorare l'ambiente circostante in particolare 
                          durante le belle e soleggiate giornate autunnali e primaverili, 
                          quando venivano accompagnati nel giardino, separato 
                          dal fabbricato da una balaustra, e dove potevano giocare 
                          sotto il sole e all’aria aperta, protetti dai 
                          venti freddi provenienti generalmente da nord grazie 
                          all’invidiabile esposizione del comprensorio. 
                          Tutti coloro che hanno frequentato questo luogo conservano 
                          certamente una foto-ricordo davanti alla statua della 
                          Madonnina, simbolo di quel giardino sempre pulito e 
                          ordinato, che ancora svetta al centro di questo ampio 
                          parco nel cuore della città. 
                          
                          Bambini nel giardino dell'asilo 
                          "Principessa di Piemonte"alla fine degli anni 
                          '60  
                         Le suore negli ultimi 
                          anni non erano più in grado, per raggiunti limiti 
                          di età, di accudire i bambini. Ancora per qualche 
                          anno restarono nell’ampia struttura, quindi fu 
                          deciso di affidarla ad un’altra istituzione. 
                          Oggi una società salentina utilizza lo stabile 
                          come luogo di accoglienza temporanea per immigrati. 
                        Testo 
                          di Giovanni Membola 
                          Pubblicato sul settimanale Il 7 Magazine numero 31 del 
                          5 gennaio 2018 
                        
                        
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