.:. CHIESE

SAN GIOVANNI AL SEPOLCRO
Brindisi

ANTONIO MINGOLLA - DANNY VITALE
Gruppo Archeologico Brindisino

La chiesa del Santo Sepolcro, più nota come San Giovanni al Sepolcro, è documentata per la prima volta nell’anno 1128. Secondo Demetrio Salazaro il normanno Boemondo potrebbe averne ordinato la costruzione quale memoriale della presa di Gerusalemme da parte cristiana il 1099 . L’edificio fu per secoli in possesso dei Canonici Regolari del Santo Sepolcro, ordine che sarebbe confluito nel XV secolo in quello degli Ospitalieri. Adiacente era un complesso, di cui persistono ampi frammenti databili al XV secolo, quali un portico, ora cieco, e una balaustra nella quale è inserita la croce distintiva del suddetto ordine.

Il tempio, in stile romanico con pianta a staffa di cavallo, ricorda quello dell’Anastasis costantiniana di Gerusalemme; poteva esserne parte il fonte battesimale poi reimpiegato il 1618 nella fontana che è in piazza della Vittoria in Brindisi. Fu essa voluta da Pietro Luigi de Torres, regio governatore di Brindisi, a vantaggio dei soldati dei galeoni spagnoli che erano in porto.

Nella costruzione del tempio di San Giovanni al Sepolcro, furono reimpiegati molti materiali architettonici di epoca romana. Il portale aperto a settentrione, oggi principale, risale al secolo XII e richiama gli altri coevi realizzati da artisti che si muovevano lungo una via che collegava Brindisi a Bari, ad Ancona, a Benevento e a Modena ove gli stessi motivi plastici si ritrovano firmati da Wiligelmo. È possibile si tratti di reimpiego di materiali già destinati alla basilica cattedrale di Brindisi. Esso ha un architrave in marmo decorato con fogliami d’acanto spinoso su una cornice con ovuli alternati a dentelli. Ai lati gli stipiti marmorei sono ricamati con decorazioni vegetali e raffigurazioni quali: Sansone che spezza le fauci ad un leone; pavoni posti in modo simmetrico; una lotta fra due uomini nudi; un guerriero normanno, con spada e scudo ovale appuntito verso il basso, che combatte forse contro un saraceno. L’architrave è sormontato da un protiro cuspidato sostenuto da leoni stilofori; il capitello di destra propone volti di esseri umani i cui orecchi vengono morsi da uccelli mostruosi, quello di sinistra uomini con perizoma e donne con tuniche che danzano. Il portale di ponente, originariamente il principale, in asse con la troncatura della staffa, nei sette riquadri per stipite, offre la rappresentazione di simboli cristiani di derivazione anche veterotestamentaria, quali il leone, il cervo, la sfinge, il vitello, il pistrice, l’aquila, l’agnello, il rinoceronte e il toro. Il terzo portale è in corrisponde di un frutteto, in area di privata proprietà.

Gli spazi interni sono scanditi da otto colonne al centro, e da altrettante semicolonne sul muro perimetrale. Quasi tutte sono di marmo cipollino e granito, con capitelli corinzi reimpiegati da un più antico edificio di epoca romana o cubici, arrotondati agli spigoli inferiori, ornati di dentelli in alto.

Alle pareti si notano resti di affreschi per la gran parte trecenteschi; si tratta spesso di veri palinsesti come documenta eloquentemente la rappresentazione di San Giorgio che uccide il drago.

Il tetto in legno realizzato nel XIX secolo, sostituisce la volta originale; l’intero complesso, all’atto dell’acquisizione da parte della civica amministrazione, era ridotto a rudere per la mancanza di qualunque intervento manutentivo nel periodo in cui era stato acquisito dal pubblico demanio in conseguenza di provvedimento eversivo nei confronti della proprietà ecclesiastica. A iniziativa di Giovanni Tarantini fu sede delle civiche collezioni archeologiche poi confluite nel museo provinciale.

Sull’intero complesso si notano incisioni realizzate da pellegrini diretti o di ritorno da Terra Santa; si segnalano le numerose croci e le rappresentazioni di una nave normanna accanto al portale di ponente e della triplice cintura accanto al portale settentrionale. Questo simbolo antichissimo è in grotte, cattedrali, luoghi sacri; fu adottato dai templari che lo usarono per contrassegnare luoghi di particolare sacralità. Nell’arcidiocesi di Brindisi – Ostuni appare sul portale della chiesa del Carmine di Mesagne. Risulta composto da tre quadrati concentrici collegati da linee centrali. Molti sono i significati a esso attribuiti.

Nel cortile, che costeggia il tempio sono, in abbandono almeno apparente, resti d’età romana quali basamenti con testi epigrafici, un basamento marmoreo, una grande base di colonna con toro, trochilo nonché alcuni fregi. All’interno, sotto l’attuale piano di calpestio, sono osservabili i resti di una domus romana con magnifici mosaici a tasselli neri e bianchi.

 


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Foto:
1 San Giovanni al Sepolcro. Esterno
2 Vico San Giovanni al Sepolcro.Portico e balaustra con croce degli Ospitalieri
3 Brindisi. Piazza Vittoria. Fontana De Torres (foto Stefano Albanese)
4 San Giovanni al Sepolcro. Portale settentrionale
5 - 8 San Giovanni al Sepolcro. Interno
9 San Giovanni al Sepolcro. Affresco. Santi cavalieri e Madonna con Bambino
10 San Giovanni al Sepolcro. Museo civico
11 San Giovanni al Sepolcro. Esterno. Croce incisa
12 San Giovanni al sepolcro. Esterno. Simbolo della triplice cintura
13 - 14 San Giovanni al Sepolcro. Interno. Domus romana. Pavimento musivo
15 San Giovanni al Sepolcro. Graffito della nave normanna

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