«È
bello morire per ciò in cui si crede; chi ha
paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una
volta sola». Sono parole di Paolo Borsellino,
parole cristallizzate nella memoria della civiltà.
Sono passati quasi trentanni da quel torrido
19 luglio 1992 che in via DAmelio, a Palermo,
segnò la fine di un simbolo della giustizia,
il giudice Paolo Borsellino, e degli agenti della
sua scorta. Oggi la memoria di un eroe dellantimafia
diventa uno spettacolo, dal titolo La stanza
di Agnese, in programma in anteprima nazionale
lunedì 30 maggio, con inizio alle 20.30,
nel Nuovo Teatro Verdi di Brindisi. Il lavoro,
di e con Sara Bevilacqua, per la drammaturgia
di Osvaldo Capraro, è prodotto dalla
compagnia Meridiani Perduti Teatro con il sostegno
del Comune di Brindisi e il supporto del TRAC - Centro
di Residenza Teatrale Pugliese -, della Scuola di
Formazione Antonino Caponnetto e della Fondazione
Nuovo Teatro Verdi. Lingresso è libero
con obbligo di indossare la mascherina FFP2. Info
349 449 0606.
LAmministrazione
comunale sostiene liniziativa nel quadro delle
politiche di educazione alla legalità e alla
cultura antimafia. Limpegno è finalizzato
a sensibilizzare il territorio con particolare attenzione
per le nuove generazioni, la cui formazione ha un
peso diretto sulla vita e sul futuro della comunità.
Il 2022 è lanno in cui ricorrono il quarantennale
degli omicidi di Pio La Torre e Carlo Alberto Dalla
Chiesa e il trentennale della tragica scomparsa di
Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino
e degli agenti delle rispettive scorte.
Sara Bevilacqua,
nel doppio ruolo di interprete e regista, è
Agnese Piraino Leto Borsellino, vedova del magistrato
palermitano. Colpita dalla leucemia e consapevole
che i suoi giorni stanno per finire, Agnese ricostruisce
le vicende della sua esistenza, tra rimpianti, disincanto
e commozione. Figlia del presidente del Tribunale
di Palermo e ben inserita nellalta borghesia
della città, la sua era una vita destinata
a privilegi e salotti buoni: per tutti era la signorina
dei pizzi e merletti, appellativo che non le
dispiaceva alla luce della sua passione per gli abiti.
Ma la relazione con un giovane procuratore di stanza
a Mazara del Vallo, Paolo Borsellino, allepoca
il più giovane magistrato dItalia, diventato
poco tempo dopo suo marito, avrebbe portato un cambiamento
molto più radicale del previsto.
Il racconto di Agnese
tra date, nomi e vicende, tanto pubbliche quanto private,
scorre con la serenità di chi non ha fretta
di riannodare fili e riaprire scenari. Ma anche con
la disillusione di chi, ormai, è consapevole
che da quel primo incontro con Paolo la vita avrebbe
subìto non solo unevoluzione ma un vero
e proprio stravolgimento. Il rapporto con questuomo
giusto e gentile, di grande cultura e sempre pronto
al babbìo, allo scherzo quasi infantile,
le restituisce uno sguardo sul mondo e sulla vita
che prima non conosceva.
Più che un
monologo, La stanza di Agnese è
un dialogo mai interrotto con Paolo che attraversa
tanto momenti terribili e carichi di angoscia, come
gli omicidi del capitano Basile, del procuratore Chinnici
e le stragi di Capaci e via DAmelio, quanto
quadri di vita familiare fatti di semplicità
e di piccole cose. Un dialogo nel quale toni di tenerezza
verso i propri figli si intrecciano con sussulti di
indignazione nei confronti dei traditori dello Stato.
Il risultato è una storia damore e di
passione etica e politica, ma anche di un dolore inaccettabile.
Lo spettacolo ricompone
la dimensione umana, familiare e sentimentale che
fa di Paolo Borsellino non solo un uomo che ha dato
la vita per lo Stato, ma anche un marito, un padre
e un amico prezioso. Agnese ha vissuto molte vite.
Prima di conoscere Paolo, dopo averlo incontrato,
dopo essere diventata madre, dopo aver perso lamore
della sua vita, dopo aver scoperto la malattia contro
la quale ha combattuto a lungo. Ha conosciuto il dolore
più lacerante, la disperazione, la paura, la
negazione della libertà. La stanza di
Agnese è uno spettacolo di memorie, di
denuncia, di invito a non mollare, che testimonia
- specie alle nuove generazioni - la cura per la vita,
per la giustizia, per lonestà. La cura
che trasforma tutto - inclusa la propria vita - in
amore, lunico strumento per opporsi allorrore
del mondo. E non di un mondo qualsiasi, del nostro.
Di quel Paese, lItalia, che Agnese Borsellino
sognava di veder rinascere. «I nomi che con
Paolo abbiamo dato ai nostri figli - ha detto una
volta - sono proprio il simbolo della speranza e di
un passato nobile che resta immortale, proiettato
nel futuro. Manfredi, lultimo re di Sicilia,
Lucia la creatura di Alessandro Manzoni, Fiammetta
uno dei personaggi amati dal Boccaccio. Io non perdo
la speranza in una società più giusta
e onesta, sono convinta che le giovani generazioni
sapranno fare meglio di noi. Non bisogna mai smettere
di credere nelle istituzioni, di rispettarle e di
servirle. Paolo lo ha fatto fino alla fine, anche
davanti al sospetto di essere stato tradito».
«È
stato un lavoro lungo ed appassionante - ha raccontato
Sara Bevilacqua -. Tutto è nato da una suggestione
proposta dalla Scuola Caponnetto. Con Osvaldo Capraro
e Daniele Guarini ci siamo messi subito allopera
per compiere un lunghissimo viaggio di ricerca. Abbiamo
intervistato i figli Fiammetta e Manfredi e il fratello
Salvatore per raccogliere elementi che servissero
alla realizzazione dello spettacolo. Abbiamo inviato
loro il testo in anteprima e la risposta è
stata entusiasmante. Sapere che la famiglia Borsellino
condivida il nostro lavoro è, ancor prima del
debutto, un risultato emozionante».