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DI UNA POCO NOTA TELA ATTRIBUIBILE AD
ANDREA VITO CUNAVI
(Mesagne 1586- post 1626)

CARMELA GENTILE


La diffusione del caravaggismo in Puglia si avvia sin dal primo decennio del Seicento e appare palese negli anni di maggiore operosità di Andrea Cunavi. Lo attesta la commissione allo stesso Caravaggio di un dipinto, identificato con la Madonna del Rosario del Kunsthistorisches Museum di Vienna, per una chiesa di Polignano a Mare da parte del suo feudatario Nicola Radulovich. Si deve al pittore napoletano Paolo Finoglio (1590-1645) la diffusione degli stilemi caravaggeschi in area salentina e barese come documentato dalla mostra “Echi caravvageschi in Puglia” [1].

L'influenza veneziana persisterà sino al quarto decennio del Seicento; da quel momento il punto di riferimento pressoché esclusivo diverrà Napoli. Il Salento distoglie, si direbbe, lo sguardo dall'oriente e dal mare per volgersi verso l'area continentale; s’incrina la rete di relazioni col levante che era stata fino allora costitutiva dell'identità culturale della Terra d'Otranto.

L’“ago della bilancia”, come scrisse Michele D'Elia [2], si spostava gradualmente dal Veneto a Napoli che diveniva centro propulsore dell’arte figurativa. Da qui pervenivano in Terra d’Otranto opere di pittori quali Girolamo Imparato (1549 – 1607), Giovanni Bernardino Azzolino, noto anche con il nome di Bernardino il Siciliano (1572 –1645), Fabrizio Santafede (1555-1626), veicoli della prima pittura devota e controriformata.

Andrea Cunavi, sebbene cresciuto alla scuola di Palma il Giovane (1544-1628), come da tradizione, si direbbe ben rappresenti in Puglia questo momento di passaggio dalla maniera veneta a quella napoletana. Si tratta di aspetti riscontrabili nella poco nota tela presente nella Concattedrale di Ostuni avente a soggetto La presentazione di Maria al Tempio, attribuita al Cunavi che dovrebbe averla realizzata circa il 1612 [3]. Secondo le fonti documentarie dell'archivio capitolare di Ostuni, la tela fu commissionata al Cunavi, in quell’anno, dal cantore della allora cattedrale Giovanni Calcagni. Il pittore dimorava in quella città già dal 1607: i dati concordano.

Nella tela della Concattedrale di Ostuni, è rappresentato un episodio tratto da uno dei vangeli apocrifi, il Protovangelo di Giacomo (III sec. d.C.). I genitori di Maria: i santi Anna e Gioacchino, ebrei osservanti, conducono al Tempio Maria bambina, dell'età di tre anni. La offrono al Signore e fanno contestualmente dono di due tortore. La memoria liturgica di questo episodio è celebrata dalla chiesa cattolica il 21 novembre.

L’impianto architettonico offre effetti di spazialità funzionali a quello compositivo, articolato su tre livelli.
In primo piano, come da tradizione tardo- cinquecentesca, è il ritratto del committente. Il soggetto, rivolto verso lo spettatore, sguardo nobile e severo, barba a punta, si presenta con abiti ricchi e sontuosi. La stoffa che ricopre la spalla richiama la setosa brillantezza degli abiti di alcuni dei personaggi della scena. Alle sue spalle è il piano su cui si collocano i santi che fungono a loro volta da quinte umane e introducono all’episodio descritto dal Vangelo apocrifo. In basso sulla sinistra sono collocati san Carlo Borromeo, nel suo tipico abito cardinalizio e san Francesco che con il movimento del braccio destro dà ulteriore spazialità alla scena. Sulla destra è un senile e barbuto san Gioacchino, in posizione arretrata rispetto a quella di sant’Anna. Centrale è la figura di Maria Vergine, fulcro della scena, colta mentre tende fiduciosamente il suo braccino verso le mani del sacerdote. Alla sua destra è sant’Anna, circondata da altri tre soggetti. Alla sua sinistra, staccata dal gruppo, la figura del chierichetto. Il vertice, sul piano diagonale è costituito dalla figura del sommo sacerdote, che tende le mani per accogliere amorevolmente la piccola Maria.

In un contesto architettonico tipico delle opere manieriste le figure sono disposte lungo una linea obliqua, da destra in basso a sinistra in alto, in uno schema dinamico che serve a esaltare la superficie cromatica. La luce esalta i panneggi e le sinuosità di alcune figure; a zone di colorata penombra si alternano bagliori improvvisi. L’illuminazione della scena è sganciata da ogni riferimento naturalistico ed è indipendente dall'illuminazione del paesaggio che appare sullo sfondo.

Sebbene il cromatismo sia prettamente veneto, vi sono latenti elementi derivati dalla pittura tardocinquecentesca napoletana e in particolar modo da quella dei fiamminghi attivi a Napoli, tra la fine del XVI e primi del XVII secolo.

L'opera non si presenta omogenea dal punto di vista formale; in alcune parti potrebbe non escludere l’intervento di collaboratori come, ad esempio, suggeriscono i tratti dei volti di alcuni personaggi. La mano del Cunavi è evidente nelle figure dei santi Carlo Borromeo e Francesco. La certezza è data dall'attribuzione al pittore suddetto della tela avente a soggetto san Carlo Borromeo, databile 1626, ora nella Cattedrale di Monopoli. Si ripetono qui la spigolosità dei tratti dei volti, la contrita severità, l'intenso patetismo, la stessa dimensione pietistica. Qui i modi del Cunavi si avvicinano a quelli del gallipolino Gian Domenico Catalano, attivo tra il 1604 e il 1628, e più in generale dei tardo manieristi napoletani. Essi, seguendo i dettami della Riforma, ne divulgavano i suoi principi negli strati meno colti della popolazione.

Le fisionomie di alcuni personaggi della tela nella Concattedrale di Ostuni sono presenti anche nei personaggi della tela posta in Sant’Anna a Mesagne. Essa rappresenta una Deposizione, copia della ben più nota e importante opera del Veronese (1528- 1588), presente nella chiesa della Santissima Annunziata in Ostuni.

Nella tela della Concattedrale la resa formale del paesaggio, lo scorcio che è posto sul fondo, nella parte superiore della tela, fra gli elementi architettonici, è ulteriormente ripresa dall'opera originale del Veronese ed è uno degli elementi che rilevano la derivazione dalla scuola veneta del Cunavi. I colori delle vesti si staccano dalle tinte più comuni in natura. Essi appaiono artefatti e insoliti. La loro intensità luminosa si abbassa su un registro meno acceso. L'attenzione per i particolari è massima: dai capelli di Maria Bambina, raccolti da morbidi nastri, alle nappe del paramento sacro, che pendono alle spalle del chierichetto, alla nobile sontuosità degli abiti della piccola Vergine e del Committente in primo piano.

Andrea Cunavi si colloca tra Venezia e Napoli, in una fase di transizione storica e culturale. Il restauro, cui è sottoposta in questo periodo la tela della Concattedrale di Ostuni, si spera possa contribuire a una migliore lettura dell’opera e, conseguentemente, aiutare a comprendere le peculiarità di Andrea Cunavi.

Foto di Carmela Gentile e Luca Sconosciuto (clicca per ingrandirle)
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1. Mesagne. Chiesa di Sant'Anna. Andrea Cunavi. Deposizione
2. Mesagne. Chiesa di Sant'Anna. Andrea Cunavi. Deposizione.Particolare
3. Ostuni. Parrocchiale Santissima Annunziata. Paolo Veronese. Deposizione
4. Ostuni. Concattedrale. Presentazione di Maria al tempio

 

[1] Lecce, chiesa di San Francesco della Scarpa, 6 dicembre 2010 – 27 febbraio 2011; Bitonto, Galleria Nazionale della Puglia ‘Girolamo e Rosaria Devanna’, 13 marzo – 15 maggio 2011. Catalogo della mostra a cura di A. CASSIANO – F. VONA, Irsina: Barile editore, 2010.

[2] M. D' ELIA, La pittura barocca in La Puglia tra Barocco e Rococò, Milano: Electa edizioni, 1982

[3] E. AURISICCHIO, G. GIGLIO, L. CISTERNINO, Relazione tecnica e storica sulla Concattedrale di Ostuni, in www.brindisiweb.it/arcidiocesi

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