.:. CHIESE

SANTA MARIA VERGINE DEL MONTE CARMELO
Ostuni

1. La Storia
Il convento carmelitano in Ostuni, dedicato a Santa Maria della Misericordia, fu fondato nella seconda metà del XV secolo oltre le mura di fortificazione adeguate dagli aragonesi alle esigenze imposte dall’introduzione delle armi da fuoco, a valle della città alta. Come attestano i documenti rogati dai notai Raffaele Clemente il 1486 e Angelo Solito il 1593 (P. LISIMBERTI - A. TODISCO, La venerabile fraternità di Maria Santissima del Carmine di Ostuni, Fasano: Schena, 1995, p. 20), cui si aggiungono le notizie riportate nella Platea del Convento del Carmine di Ostuni, redatta il 1825 dal sacerdote Angelo Vito Marseglia, il convento “fu eretto per la prima volta fuori le mura della città nel luogo detto il “Fosso” nell’anno 1450” (Archivio di Stato di Brindisi, fondo dell’Ufficio del Registro di Ostuni, Platea del Convento del Carmine di Ostuni, a. 1825, XV, f. 2r; LISIMBERTI - TODISCO, p. 22).
Il convento doveva avere certamente una forma semplice, a pianta quadrata, con, al centro, un giardino. La fabbrica era addossata alla sinistra della “chiesa vecchia”.
A testimonianza dell’esistenza della chiesa più antica, si legge l’iscrizione dedicatoria oggi murata, a destra del portale, all’interno del pronao. La lapide testimonia come vi sia stata una consacrazione della chiesa vecchia, opera di un “magistro” Nicola, nel 1562. Così recita l’iscrizione (P. Lisimberti, A. Todisco, op. cit., Schena, 1995, p. 23):
+ philippo nea(polis) sici(liae) ac hisp(aniae) rege pio iiii medices/ Sum(mo) pont(ifice) i(ohanni) carolo bov/io ostu(nensi) antist(ite) m(agistr)o nicolao /audet carme(litanorum) gen(erali) m(agistr)o antonio/ marin apul(iae) provin(ciali) m(agister) caesa(r) /tripal[di] c(ondi)tus prior et f(rater) fran(ciscus) petra(rolo) pr(o)cu(rato)r /hui(us) ecc(lesia)e p(rim)a fun(damenta) poni curarunt/ mdlxii primo […] iunii
Il contratto coi maestri muratori Nicola Francesco de Marseglia e Matteo de Molendinis per la costruzione della chiesa nuova risale al 1590. Il contratto specifica nei minimi particolari come doveva essere eseguita l’opera che, completata il 1593 assumendo il titolo di Santa Maria del Monte Carmelo, doveva infine risultare di non comune fastosità e monumentalità. Il coro si elevava sopra il pronao in un’area caratterizzata da un parapetto decorato e dominante tutta l’intera navata.
Presto la fabbrica si arricchirà di arredi e lasciti; i padri carmelitani concedono ai cittadini una serie di cappelle con l’obbligo di decorarle con altari e dipinti; nella seconda metà del ‘600 si contano dodici cappelle; sull’altare maggiore vi era un dipinto di Paolo Finoglio (1590-1645) che rappresentava la Misericordia e Santo Stefano.
La prima metà del 1700 segna, per la costruzione, l’inizio di una serie di rifacimenti, dei quali restano testimonianze scultoree e documentarie, per opera del maestro Giuseppe Fasano di Martina Franca, il quale interviene sia nell’area presbiterale che nelle cappelle laterali. A questo periodo sono ascrivibili due coppie di putti reggi cartiglio in pietra ora ammurati nella sacrestia.
Nel 1810, a seguito della soppressione dell’ordine carmelitano nel regno di Napoli intervenuta il 1809, la chiesa è affidata alle cure della confraternita del Carmine, attiva già dal XVI secolo. Nel 1819 i carmelitani rientreranno nella loro casa ostunese anche se in condizioni economiche ben diverse da quelle del passato.
Nel 1840 viene dato incarico ai maesti muratori Pietro Saponaro e Francesco Antelmi di verificare le condizioni della chiesa; vengono avviati importanti lavori di restauro e ridefinizione al termine dei quali, nel 1854, la chiesa è riconsacrata come ricorda la lapide posta nella parte sinistra del pronao:
Templum hoc/ fuit /a brundusino archiepiscopo/ sollemni consecratum ac dedicatum caeremonia/ die xxii octobris mdcccliv.
Nel 1861 la proprietà del convento, a seguito della nuova soppressione degli ordini religiosi, passa alla civica amministrazione; nel 1870, i locali vengono concessi a Giosuè Pinto perché vengano utilizzati quale orfanotrofio.

2. La Chiesa
La facciata attuale della chiesa risale al 1891; ne fu allora commissionata la ricostruzione, articolata su quattro semicolonne corinzie poggiate su plinti, all’architetto Gaetano Jurleo (1860 – 1926) che si ispirò alla facciata della chiesa del Carmine di Lecce. Di gusto neoclassico, di forte simmetria, è movimentata da due nicchie che ospitano le sculture con rappresentazione dei santi carmelitani Eligio ed Eliseo e coronata dall’architrave su cui si elevano un timpano ricco di opere scultoree e un fastigio con l’iscrizione “CAPUT TUUM UT CARMELUS”.
Il portone bronzeo, realizzato il 1980 dai fratelli Vitali di Foligno, riproduce, nella facciata interna, gli stemmi della città di Ostni e della confraternita del Carmelo.
La pianta perfettamente simmetrica presenta caratteristiche di rigore e proporzioni impeccabili; i pilastri e tutti i muri perimetrali sono caratterizzati da un basamento in pietra locale, da un fusto intonacato e tinteggiato di bianco, da una successione di capitelli in stile corinzio e una cornice per un’altezza di circa mt. 1,40. La pietra utilizzata per la realizzazione della chiesa e di tutte le parti scolpite e la pietra bianca locale utilizzata tanto per costruzioni religiose che civili.
La chiesa, nonostante gli interventi settecenteschi e ottocenteschi, conserva l’antico assetto a unica navata e tre absidi, che i restauri del 1943 hanno riportato a vista, dalle chiare linee rinascimentali.
Dell’apparato barocco permangono gli altari in pietra, posti nelle sei cappelle nel 1775; in quell’anno le dodici originarie vennero ridotte a sei, più due minori.
I dipinti, di committenza carmelitana, sono per la gran parte tardo-settecenteschi. Presentano richiami sia alla tradizione napoletana, per l’impianto e per la monumentalità delle figure, che a quella veneta per la resa cromatica.

2.1 I dipinti e le statue
Il primo altare, entrando nella chiesa sulla destra, è dedicato a San Michele Arcangelo; nel dipinto è rappresentato come un angelo alato in armatura. Nella mano impugna una spada e calpesta le membra del demonio che ha le sembianze di un dragone. Il fondo del dipinto, composto da due colori complementari, ricorda le vesti del santo: il color ocra della parte superiore richiama il mantello mentre l’azzurro della parte bassa richiama le ali e l’armatura; nella lunetta vi è una santa carmelitana.
Il secondo altare è dedicato a Santa Lucia, rappresentata nella tipica sua iconografia. Nel dipinto le figure principali sono inserite in una composizione piramidale. In basso a sinistra sono presenti due angeli che indicano la Santa e reggono un cartiglio con la scritta: “In tenebris video”. In alto vi sono due puttini che la incoronano e le porgono i simboli della verginità e del martirio. In basso a destra, su un elemento architettonico, è la firma dell’artista, Pasquale Reni, con la data di esecuzione, il 1775; nella lunetta è la rappresentazione di San Giuseppe e Gesù Bambino.
Il terzo altare è dedicato alla Madonna del Carmine, il cui dipinto è all’interno di un tondo in stucco. La Madonna è rappresentata con intorno gli angeli che reggono un velo e in grembo un pregevole Gesù Bambino; ambedue sono coronati d’argento.
Sul lato sinistro della Chiesa, nel primo altare, è un dipinto che rappresenta la Madonna con Sant’Anna e San Gioacchino. La Madonna Bambina è intenta ad ascoltare sant’Anna che le indica frasi dal testo sacro, mentre san Gioacchino si trova alle loro spalle; il suo sguardo sulle donne appare protettivo e allo stesso tempo contemplativo. Il gruppo è sormontato nella parte superiore del dipinto da due angeli circondati da nuvole; nella lunetta vi è un santo carmelitano.
Nel secondo altare a sinistra vi è un dipinto che rappresenta una Crocefissione, opera di Agostino Ayroldi, come riporta l’iscrizione in basso a destra. Di grande interesse è il velo che cinge i fianchi del Cristo e riprende le forme del Crocefisso ligneo di cui si farà menzione in seguito; nella lunetta è la rappresentazione di una Madonna con bambino.
Nel terzo altare sulla sinistra vi è un’Estasi di Santa Teresa d’Avila che osserva il Cuore di Gesù assistita dalla Vergine. Il gruppo è completato in alto dai rimandi a Dio Padre e allo Spirito Santo. Il dipinto presenta un’ottima impostazione prospettica delle figure; la resa cromatica rende la narrazione chiara e luministica così come accade nel dipinto di Santa Lucia.
Nella zona absidale è la scultura in pietra della Madonna del Carmine, attribuibile a Giuseppe Greco (1740 – 1807) autore della guglia di Sant’Oronzo in piazza Libertà in Ostuni (LISIMBERTI - TODISCO, p. 72).
Nella chiesa del Carmine, come nell’altra di San Vito Martire (A. GOLIA, Chiesa di San Vito Martire, link), nell’area absidale si conservano frammenti dell’antico pavimento a riggiòle. Le pregevoli maioliche impreziosiscono l’ambiente con decorazioni in turchese e ocra a motivo ornamentale tipico delle maestranze operanti nei monasteri napoletani di Santa Chiara e San Gregorio Armeno.
Alla seconda metà del XVIII secolo sono databili due Crocefissi: il primo, in legno intagliato e dorato con inserimenti in argento e rame, è di chiara fattura napoletana; il secondo, molto venerato dalla Confraternita, presenta influssi spagnoli e fiamminghi nonché napoletani dati dalle membra scarne e dal pathos accentuato. Il panno in cartapesta è stato inserito in seguito.
Di particolare interesse sono le statue processionali; nella ricorrenza del 16 luglio, percorre le vie di Ostuni la Madonna del Carmine, eletta patrona della città il 1675, manichino dagli splendidi abiti che, come riferisce una relazione del 1684, fu dono della duchessa Hyeronima Lopez-y-Royo. Riferibili alla la Settimana Santa sono numerose sculture polimateriche in legno e cartapesta.
In particolare si hanno i gruppi raffiguranti: Gesù nell’orto, il Calvario: Gesù deposto dalla Croce, la Madonna, Nicodemo, lo pseudo San Giovanni, il Bacio di Giuda, la Presentazione di Gesù al popolo, la Flagellazione, Gesù tra la Veronica e il Cireneo, Gesù caduto sotto la Croce, Gesù deposto, l’Addolorata. Sono tutte scultura di ambito meridionale che vanno dalla prima metà del XIX secolo alla prima metà del XX secolo.
Nel 1951 la confraternita commissiona a Umberto Colonna (1913 - 1993) di Bari gli affreschi della volta con rappresentazioni di scene di vita carmelitana.

Testo di Antonella Golia

Nota: Per le notizie essenziali sulla chiesa e per maggiori informazioni sulla confraternita, si faccia riferimento all’esaustivo testo: P. Lisimberti – A. Todisco, La venerabile fraternità di Maria Santissima del Carmine di Ostuni, Schena editore, 1995;

Bibliografia:
A. Sozzi, Ostuni e il Borgo Medievale, Lecce 1988;
L. Greco, La vestitura della Madonna del Carmine in un documento del 1767, in “Lo Scudo”, Ottobre 1990;
L. Greco, La Chiesa del Carmine e le sue origini, in “Lo Scudo”, Dicembre 1994;
P. Lisimberti – A. Todisco, La venerabile fraternità di Maria Santissima del Carmine di Ostuni, Fasano: Schena editore, 1995;
P. Lisimberti – A. Todisco, Ostuni nel ‘700, la città, i cantieri, le confraternite, la devozione popolare, la processione e la cavalcata di Sant’Oronzo, in Angeli stemmi confraternite arte, a cura di M. Pasculli Ferrara e D. D’Onofrio Del Vecchio, Fasano: Schena Editore, 2007

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Foto:
1 - Chiesa del Carmine ante 1891.
2 - Chiesa del Carmine. Facciata.
3 - Statua Madonna del Carmine.
4 - Interno.
5 - Cappella di San Michele.
6 - Cappella del Carmine.
7 - Campanile

Rilievi:
8 - Planimetria
9 - Prospetto principale
10 - Sezione longitudinale
11 - Sezione trasversale

Foto e rilievi architetti Aldo Flore e Rosanna Venezia

La Processione della Madonna del Carmine
foto di Renato Michele Nacci

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