.:. CHIESE

S.S. CROCIFISSO
Mesagne

La chiesa antica del Santissimo Crocifisso o San Cataldo fu ridefinita in stile barocco alla fine del XVII secolo con le elemosine raccolte tra i fedeli.
A questa chiesa doveva essere legato il beneficio di San Cataldo che, il 1606, il titolare, don Francesco Dopro, cede all’arcivescovo Falces perché possa essere unito alla chiesa di Santa Maria Mater Domini. Consisteva esso in un orto ubicabile nei pressi di questo santuario dove, nel 1638, per disposizione dell’arcivescovo Francesco Surgente, viene traslato il Crocifisso detto di San Cataldo, collocato nell’omonima chiesa, allora in ottimo stato e con tutto l’occorrente per le celebrazioni liturgiche. Il 13 maggio 1663 l’arcivescovo Francesco De Estrada rilevò che era molto frequentata dai devoti ma troppo angusta e in pessimo stato di conservazione:
« Ecclesia predicta est parva et indecenter et quia imago Santissimi Crucifixi est magni devotionis et populi concursus populi ad obtenendas gratias et celebratur quotidie. Fuit institutum in posse Io. Baptista Gazze adesse pecuniam congesta ex elemosinis pro construenda ecclesia predicta ».
Il rinvenimento della croce da parte di sant’Elena imperatriceSi affidava quindi a Giovan Battista Gazza l’incarico di raccogliere la somma necessaria per la riedificazione della chiesa, meta dei fedeli che vi si recavano a impetrar grazia innanzi l’icona del Santissimo Crocifisso. I lavori furono eseguiti tanto che successivamente non si registrano rilievi particolari. Nel 1725 l’arcivescovo Andrea Maddalena constata la presenza di un unico altare con la necessaria dotazione. Sulla chiesa-oratorio del Santissimo Crocifisso, o di San Cataldo, così si espresse il regio ingegnere Pietro Vinaccia nel 1731:
“Poco discosto dalla descritta chiesa [di Mater Domini] andando verso la terra trovasi a destra della sopranominata strada di Lecce la cappella del Santissimo Crocifisso consistente in una stanza grande coverta da cannizzata e tetto a due penne con mastroarco nel mezzo, in testa della quale sta altare di fabbrica con due ordini di gradini sopra dei quali poggia una conetta di legname con gelosia avanti, dentro di cui vi si conserva il Santissimo Crocifisso di legno e vi si celebra quasi ogni giorno, ed alli tre di maggio vi si fa solenne festa”.
Nel 1744 l’arcivescovo Antonino Sersale rileva essere la chiesa, probabilmente danneggiata dal terremoto del 1743, rovinata nel tetto e nelle porte, con un solo altare rinvenuto spoglio di tutto sicché è interdetto.
Nel XVIII secolo si insediò una confraternita la quale provvide ad ampliare la chiesa e a coprirla a volta. La facciata attuale è stata realizzata nell'Ottocento sempre per conto della confraternita.
Lo storico Antonio Profilo, sul finire del XIX secolo, così riassumeva le vicende della chiesa:
“La chiesa del Crocifisso è in realtà dedicata a San Cataldo. Per tradizione si sa ch’essa fu in origine un delubro eretto ai tempi del dominio bizantino in questi luoghi. Circa gli ultimi anni della prima metà del secolo XVII, così narra Epifanio Ferdinando il giovane, una tale Caterina Rali agnominata la gobba, avendo per molti e molti anni dimorato in questa chiesetta ed avendo a spizzico raccolto l'obolo dei credenti, edificò la nuova chiesa e cioè quella a tetto che il tabulario Vinaccia descrisse nel 1731. Fu poi nei principii di questo secolo [XIX] ampliata dal lato di mezzodì e fu coverta di volta, dopo che ivi la confraternita del Crocifisso s'insediò o meglio fu riconosciuta da regio assenso che ne approvò lo statuto (an. 1764). Di notevole in questa chiesa è l'antichissimo affresco, nel maggiore altare, rappresentante l'Ecce Homo, pittura di pregio incontrastabile”.
All'interno del sacro edificio si conservano le statue in cartapesta leccese, ad altezza naturale, che vengono portate in processione la sera del Venerdì Santo. Si tratta di Gesù nell’orto degli ulivi, Gesù coronato di spine, Gesù flagellato, Gesù caricato della croce, Gesù cade sotto la croce. Notevole, nella chiesetta, la tela avente a soggetto Il rinvenimento della croce da parte di sant’Elena imperatrice, dipinta il 1780 dal mesagnese Domenico Pinca (1746-1813) probabile autore anche del Padre Eterno. A bottega meridionale va ascritta invece l’Addolorata databile alla prima metà del XVIII secolo.

Foto: Domenico Pinca. Il rinvenimento della croce da parte di sant’Elena imperatrice.
(clicca sull'immagine per ingrandire)

Non è consentito l'utilizzo non autorizzato delle immagini e dei testi

<- indietro