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STORIA E DINTORNI

LA VIABILITA' E LE OPERE STRADALI IN EPOCA ROMANA

I secoli di dominazione romana hanno rappresentato i periodi tra i più floridi dell’economia e dell’urbanizzazione dell’intera storia brindisina.
Il 5 agosto del 244 a.C. nella città fu istituita una colonia di diritto latino, da quel momento la città si consolidò come nodo fondamentale del sistema viario dell’intera penisola in quanto importante punto di partenza e di arrivo di spedizioni commerciali e militari con l’Oriente e verso altre destinazioni su tutto il Mediterraneo, principalmente pellegrini diretti verso la Terrasanta.
Qui giungevano le vie consolari, l’Appia e successivamente la Traiana, che si collegavano - con l’attraversamento dell’Adriatico - alla via Egnatia, l’importante arteria commerciale che attraversava la penisola ellenica da ovest a est sino a giungere nell’odierna Salonicco.


L'arrivo a Brundisium dell'Appia-Traiana (ricostruzione grafica a cura di Antonio Mingolla)

Le strade romane furono strumenti fondamentali attraverso cui Roma affermò il proprio dominio su popoli e territori. Nel corso dei secoli i romani costruirono un’efficientissima rete di strade su oltre 80.000 chilometri percorrendo territori oggi appartenenti ad oltre 30 nazioni.

La viabilità del Salento durante la dominazione romana si sviluppò prettamente sul sistema viario di età messapica, i romani infatti realizzarono nuove strade partendo da preesistenti arterie ed effettuando una serie di modifiche con allargamenti, pavimentazioni ed aggiunte di infrastrutture. La viabilità salentina si sviluppò su due assi principali che seguivano parallelamente la linea costiera adriatica e ionica.

(la viabilità preromana nel Salento, clicca per ingrandire)

Tecniche di costruzione
Le strade solitamente venivano costruite scavando il terreno e riempiendo lo sterro con quattro strati: un letto di pietre grandi almeno quanto una mano a formare le fondamenta della strada (statumen), quindi una gettata di malta mista a pietrisco (rudus), debitamente battuto, sul quale veniva disposto un terzo strato composta da malta, sabbia e ghiaia (nucleus) nel quale venivano disposte le basole a formare lo strato più duro e stabile (pavimentum). Questa superficie della strada non era generalmente diritta ma leggermente convessa per poter convogliare le acque piovane ai lati.
Le basole, ovvero i lastroni di pietra di forma poligonale, avevano la superficie superiore levigata mentre la parte inferiore era a cuneo così da essere meglio affondate nello strato sottostante, queste pietre venivano unite ed incastrate le une alle altre così abilmente che restavano ferme e solide, e rendevano la superficie di passaggio stabile e sicuro. In alcuni casi è possibile ancora notare i solchi formati dai carri che, percorrendo durante le centinaia di anni questi tratti, hanno consumato le dure basole.
I margini della sede stradale venivano delimitati dagli umbones, blocchi di pietra inseriti verticalmente nel terreno per serrare la carreggiata, tra questi - a distanze regolari - si incastravano i gomphis, pietre a forma conica aventi funzione di paracarri ed utilizzate anche per agevolare la salita a cavallo. Spesso erano presenti anche i crepidines (da crepidae: sandali), funzionali al passaggio pedonale e presenti soprattutto nelle città, dove venivano utilizzate come veri e propri marciapiedi.
La larghezza della strada lastricata di grande comunicazione era variabile dai 4,00 ai 4,20 metri (14 piedi romani), in maniera da consentire il transito contemporaneo di due carri in entrambi i sensi di marcia.


Tecniche di costruzione delle strade romane (fonte dal web)

VIA APPIA
La via Appia fu realizzata nel 312 a.C. dal censore Appio Claudio Centemmano, detto il Cieco, per congiungere Roma con Capua, la città più importante della neoconquistata Campania. La funzione originaria era quindi militare, ovvero congiungere i centri dell’espansione militare di Roma a partire dalla prima Guerra Sannitica (342 a.C.). La regina viarum, prima via censoria della storia di Roma, nel 272 a.C. fu prolungata fino a Benevento (Beneventum), poi fino a Taranto (Tarentum) prima di giungere a Brindisi tra il 219 e il 212 a.C. costeggiando gli antichi centri abitati di Oria (Uria), Muro Tenente (Scamnum - scheda) e Mesagne. Complessivamente l’intero tragitto da Roma a Brindisi copriva la distanza di ben 364 miglia, pari a 530 chilometri, che richiedeva dai 13 ai 15 giorni di marcia, considerando una percorrenza media di 25-30 miglia al giorno (35/40 chilometri). Marco Porcio Catone detto il Censore nel 191 a.C. percorse l’intero tragitto a cavallo (Otranto-Brindisi-Roma) in soli cinque giorni, coprendo ogni giorno la distanza di quasi 120 km.

Più rapido era il tratto finale che univa lo Jonio all’Adriatico, lungo 44 miglia ossia 65 km, percorribile, secondo Strabone, in un giorno di viaggio. Altrettanto difficile da ricostruire con precisione l’antico tracciato viario che passava poco a nord di Mesagne e giungeva a Brindisi, le scarse evidenze archeologiche sul percorso hanno lasciato ipotizzare due possibili itinerari: il primo in linea retta tra la ferrovia e l’odierna strada statale 7, prima di terminare nei pressi dell’attuale ospedale “A. Perrino”, l’altra ipotesi presume che l’antico tragitto avesse un andamento lievemente sinuoso, ovvero correva in linea retta a sud-est rispetto all’attuale statale sino a giungere in corrispondenza dei fabbricati che oggi compongono Masseria Masina, quindi il percorso attraversava l'odierna carreggiata e coincideva per qualche chilometro con il tratto attualmente occupato dall'asse ferroviario, quindi si posizionava nella fascia tra la strada ferrata e la statale. Le basole della strada furono asportate probabilmente per lastricare le strade cittadine, l’unico riscontro utilizzato dagli studiosi sono i tratti di ghiaia visibili dalle foto aeree [12].


Ricostruzione grafica del percorso ipotizzato della Via Appia tra Mesagne e Brindisi
(clicca sull'immagine per ingrandirla)

Gli ultimi indizi per la ricostruzione del tracciato sono il tratto messo in luce con la necropoli ritrovata in di via Cappuccini, che si estendeva sui due lati della strada, e la porta occidentale delle vecchie mura, dove la strada attraversava il fossato ed entrava in città. Qui la consolare diveniva il decumanus maximus e si presentava lastricata, della larghezza di m 4,50 con crepidines rilevate ai lati. La strada fu utilizzata come base della centuriazione, ovvero il sistema di divisione e di assegnazione del territorio ai coloni.

Il consolidarsi dell’Impero Romano porterà ad una trasformazione funzionale della strada, che assumerà il ruolo di collegamento prettamente commerciale per la Grecia e l’Asia Minore, un asse di collegamento tra Roma e l’Oriente durato per oltre tre secoli e mezzo.

VIA TRAIANA
Fra il 108 ed il 110 d.C. l'imperatore Traiano volle realizzare un itinerario più agevole e veloce che univa la capitale dell’impero all’importante porto di Brindisi. Venne creata una diramazione a Benevento, a partire dall’arco trionfale di Traiano, ed utilizzava tracciati già esistenti e ammodernati – come l’antico percorso della via Minucia - che permettevano di evitare alcuni tratti montuosi. Passando da Troia (Aecae), Canosa (Canusium), Ruvo di Puglia (Rubi), Bitonto (Butontum), Bari (Barium), Egnazia (Gnatia) e Santa Sabina (Speluncae) e una serie di stazioni di posta dette stationes, si riusciva a ridurre il viaggio di almeno un giorno rispetto al percorso originale. Complessivamente il tragitto alternativo risultava più breve di 28 miglia. Furono completamente rinnovate le strade che sino ad allora erano di terreno battuto, “fangose, coperte di sassi e di rovi, selvatiche, ripide, acquitrinose, pericolose nei guadi, eccessivamente lunghe e difficili” realizzando strade lastricate percorribili senza eccessiva difficoltà anche durante i periodi invernali, “sopraelevandole con viadotti e lastricandole, facendole sgombrare da ogni inciampo e dotandole di ponti, abbreviando il percorso dove risultava eccessivamente lungo, operando delle tagliate per portare in basso la strada dov’era troppo erta, evitando di attraversare zone montane, selvose e desertiche e preferendo i luoghi abitati (De Metodo Medicinae, Galeno , IX, 8).
Una valida conferma si ha dal poeta lucano Orazio che nella primavera del 37 a.C. percorse il tragitto tra Roma a Brindisi seguendo l’Appia e deviando proprio su quel tracciato, la via Minucia, dove Traiano fece poi costruire la via Appia-Traiana. Il viaggio durato quindici giorni venne raccontato nella Satira V del Libro I nota come iter brundisinum (Brundisium Minuci melius via ducat an Appi) ovvero una sorta di taccuino di appunti dove viene descritto il lungo e faticoso viaggio, reso precario dalla pioggia e dalla tortuosità della strada.


Rappresentazione schematica della viabilità principale in Puglia in età repubblicana.
(da G. Ceraudo, La Via Appia (a sud di Benevento) e il sistema stradale in Puglia tra Pirro e Annibale, 2012)
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Traiano fece realizzare quindi una strada a doppia carreggiata, larga almeno 13 piedi romani (circa 385 cm), astricata con spesse chianche poste su massicciate in pietrame battuto; un breve ma interessante percorso urbano è visibile nell’area archeologica di Egnazia, dove la via attraversava l’antico abitato da nord a sud (scheda).

 
Egnazia, tratto della via Traiana (clicca per ingrandire)

Da qui per le successive 39 miglia prima di raggiungere Brindisi, la strada proseguiva a sud-est mantenendosi dalla linea di costa per una distanza variabile da trecento a mille metri.


Il percorso della via Traiana da Egnazia a Brindisi (da G. Uggeri, La viabilità romana nel Salento, 1983)
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La via Traiana giungeva a Brindisi dopo aver attraversato il canale Cillarese in corrispondenza del Seno di Ponente del porto interno dove nel 1919 è stato ritrovato un tratto di strada basolata lungo circa 70 metri e larga 4,20, con pietre calcaree sbozzate e ben allineate, ma senza l’uso di legante e contenute da umbones. Un tratto di strada lastricata fu ritrovata nei primi anni ‘90 durante i lavori di costruzione della strada comunale dei Pittachi, quasi certamente la stessa segnalata nel 1919, oggi non più visibile poiché reinterrata. Verosimilmente la strada si ricongiungeva con l’Appia davanti alle mura della città.

Anche dopo la decadenza dell’Impero Romano l’Appia Traiana mantenne quasi inalterata la sua importanza e fu utilizzata come via Francigena del Sud durante tutto il Medioevo, soprattutto nel periodo delle Crociate, collegando Roma, arrivo della Via Francigena proveniente da Canterbury, all'Oriente.


VIA TRAIANA-CALABRA
Un prolungamento successivo che congiungeva le città di Brindisi (Brundisum) e Otranto (Hydruntum), fu detto “Via Traiana Calabra” (la penisola salentina all’epoca era chiamata Calabria) anche se non si conosce la denominazione antica di questa strada romana; il tratto viario passava per Valesio (Valesium) e per Lecce (Lupiae), che rappresentava la tappa intermedia tra Brindisi e Otranto. L’intero tragitto era percorribile in due giornate. La strada muoveva dal foro brindisino verso sud passando non lontano dall'odierna Porta Lecce, nei pressi della quale fu ritrovata una colonna miliaria. Il tracciato costeggiava l'estesa necropoli del Perrino per poi giungere in località Formoso, quindi continuava in un unico rettifilo verso Valesio, passando tra le masserie di Casa di Cristo e Capitan Monza, a est rispetto all'attuale strada statale 613 Brindisi-Lecce, quindi nei pressi di Masseria Flaminio e Masseria Trullo, ovvero tra Cerano e Tuturano, dove sono state riscontrate tracce della centuriazione e della viabilità di epoca romana visibili anche attraverso le foto aeree.

Infrastrutture
Queste strade furono vere e proprie opere innovative, massicce e durature, che incisero sul paesaggio e sul popolamento delle aree interessate che si integravano con strade interne di collegamento. Lungo il tragitto del territorio brindisino, infatti, vi erano numerose ville romane e diversi impianti termali, come in località Masseria Scienzi e in località Madonna di Gallano nell’agro di Francavilla Fontana dove sono stati individuati resti di una villa rusticae e di strutture architettoniche di suspensurae e di calidarium oltre a vari altri rinvenimenti. Tra Scamnum e Mesagne numerosi indizi testimoniano tracce di villae rusticae di età imperiale, così come sul tratto Mesagne - Brindisi dove sono stati rinvenuti i resti di una serie di ville rustiche di età repubblicana e imperiale, di piccole e medie dimensioni, disposte su entrambi i lati della strada antica. Anche sulla Traiana riscontri archeologici hanno evidenziato la presenza di numerose ville ed insediamenti non lontani dall’asse stradale e di collegamento stradale con i luoghi di produzione di anfore siti ad Apani e Giancola (scheda).
Medesimi riscontri sul percorso della Traiana Calabra dove si addensavano insediamenti e ville rustiche, come nei pressi di Masseria Flaminio dove furono ritrovate una villa rustica e tombe del periodo imperiale, e nei pressi di Masseria Trullo dove sono state rinvenute altre sepolture; poco distante, nei pressi di Masseria Cerano in un piccolo rilievo affacciato sulla depressione del torrente Siedi, è stato ritrovato diverso materiale fittile e reperti di ceramica e laterizi risalenti all’età romana medio-imperiale (II-III sec. d. C.) che potrebbero far pensare alla presenza nella zona di una struttura produttiva di anfore brindisine [9].
Su tutte le arterie ritrovamenti archeologici hanno rivelato l’esistenza di fundi agricoli di piccola e media ampiezza [1].

Lungo il percorso erano inoltre dislocate una serie di mansiones, ovvero stazioni di sosta attrezzate al pernottamento dei viaggiatori e alla custodia di carri e cavalli, o mutationes, stazioni di servizio predisposte per il cambio dei cavalli e per brevi stanziamenti; qui si basava il servizio postale, vitale per l’amministrazione e la sicurezza militare dell’impero. Vi erano inoltre semplici aree di sosta dette stationes o tabernae. Queste tappe erano poste solitamente ogni 12-18 miglia romane.
Sul tragitto dell’Appia antica ricadente nel territorio brindisino è stata riconosciuta la presenza di una mansio Urbius a circa 6 km ad ovest dell'odiena Oria, mentre sulla Traiana si incontravano la mutatio Ad Decimum in corrispondenza dell’odierna Torre San Leonardo, nei pressi della località marina del Pilone, quindi la mansio Speluncas a Torre Santa Sabina, dove sono state individuate alcune strutture forse riconducibili alla stazione localizzata in contrada Mezzaluna.


Il percorso pugliese dell'Appia-Traiana e della Traiana-Calabra con le distanze in miglia romane e le stazioni intermedie (fonte: dal web)

Sulla Traiana Calabra era segnalata la mutatio Valentia a Valesio (Torchiarolo), stazione di fermata ufficiale durante il regno di Costantino dotata di un impianto termale (scheda) a metà percorso da Brindisi e Lecce, quest’ultima mansio sul tragitto verso Otranto.
Nella toponomastica moderna sono frequenti i termini “taverna” (taberna) come nome di masserie insistenti giusto lungo il tragitto degli antichi tracciati viari; sulla Traiana, ad esempio, si ritrova il Posto del Tavernese (a sud di Torre Canne), la Masseria Taverna in agro di Fasano, la masseria Le Taverne tra Rosa Marina e Monticelli in agro di Ostuni, masseria Taverna Nuova a sud di Torre Santa Sabina, nei pressi di Pantanagianni. Anche sulla Traiana Calabra è presente una masseria denominata Taverna, quest’ultima è stata riconosciuta come una stazione di muta dei cavalli in epoca romana.


Brindisi, Masseria Taverna, sull'antico tragitto della Traiana-Calabra

Una fondamentale fonte di studio sul percorso salentino della viabilità antica è offerta dalla Tabula Peutingeriana, un significativo documento risalente alla metà del IV secolo d.C. Si compone di 12 fogli che si ordinavano in un rotolo in pergamena sul quale erano indicate dettagliatamente tutte le strade, le stazioni intermedie, i toponimi dei luoghi e le distanze misurate in miglia.


Tabula Peutingeriana, parte relativa alla Calabria ovvero la Puglia meridionale, con l'indicazione della località attuali

Su tutti i percorsi erano inoltre presenti diverse infrastrutture utili ai viaggiatori, come i miliari, i cippi lapidei e le epigrafi commemorative su lastre di marmo che venivano poste sulle testate o sui muri dei ponti. Sono relativi alla Via Appia i due cippi miliari ritrovati a Mesagne, entrambi sono riferibili agli anni tra il 313 e il 318 d.C. e recano una dedica a Costantino che aveva avviato la sistemazione della consolare durante i lavori di riordino stradale compiuta dall’imperatore. Mancano le indicazioni delle distanze miliari utili a stabilire la rispettiva collocazione originale; oggi sono conservati nei musei di Mesagne e di Brindisi. Altrettanto interessante la lastra marmorea con una iscrizione onoraria all’imperatore Traiano che fu ritrovata nella cappella della chiesa matrice di Mesagne [13].

 

Museo Provinciale di Brindisi.
Cippo miliario della via Appia riferibile al 313-318 d.C. esposto nell'atrio d'ingresso.

Immagine autorizzata su richiesta.
Si ringrazia la direttrice del Museo Prov.le Archeologico, dott.ssa E.Mannozzi, per la cortesia e la disponibilità.

Clicca sull'immagine per ingrandirla

I ponti-viadotti venivano realizzati per permettere il superamento dei corsi d’acqua e gli avvallamenti incontrati e quindi per abbreviare il tragitto, in Puglia ne furono costruiti almeno cinque: due nella Daunia, il primo nei pressi di Herdonia (oggi Ordona) sul fiume Carapelle e non lontano il “ponte rotto” sul torrente Cervano, quindi a circa tre chilometri da Canosa l’importante costruzione a schiena d'asino del “Ponte Romano” che ancora permette l’attraversamento del fiume Ofanto, una struttura lunga circa 10 metri sottoposta nei secoli a numerosi rifacimenti e interventi di restauro, che della sua struttura originaria, databile ad età antonina, restano solo i pilastri, le spalle e la platea di fondazione. Gli ultimi due ponti erano dislocati nel territorio brindisino, il primo serviva a superare il canale Lapani (oggi Apani), il successivo fu costruito sulla Traiana Calabra per l’attraversamento del canale Siedi in località Cerano.
Del poderoso viadotto in contrada Apani rimangono, a 500 metri a nord dell'omonima masseria, a sud del canale – all’epoca più profondo e ampio rispetto all’attuale - e a ovest della statale n. 379, solo alcuni parapetti spessi 70 cm e contrafforti larghi dai 110 ai 150 cm che affiancavano e rinforzavano la struttura e che lasciano intendere una lunghezza complessiva di circa 142 metri, mentre la carreggiata era larga 6,35 metri compresi i muri laterali spessi 80 cm, pertanto la sede stradale era di 4,75 m. Il ponte era alto oltre due metri, rinforzato con speroni sporgenti 1,35 m e distanziati da 3,10 a 3,82 m. Per tecnica costruttiva, il ponte è stato ritenuto simile a quelli individuati sul Cervaro, sul Carapelle e sull’Ofanto e racchiudono le caratteristiche dell’edilizia pubblica di età traianea. Fu realizzato con la tecnica dell’opus caementicium, opera cementizia molto utilizzata dai romani costituita da malta (calce mescolata a sabbia o pozzolana), pietre e tegole frantumate, completato con un rivestimento esterno in opus reticulatum ancora ben visibile: il paramento in opera cementizia veniva realizzato disponendo sul muro piccoli blocchetti di pietra in file conformi con i lati a 45° rispetto alla linea orizzontale, così da ottenere come effetto finale un reticolo regolare disposto in diagonale sulla superficie della parete.
Rilievi topografici e documenti indicano la presenza di altri resti del viadotto anche a nord del canale, oggi purtroppo scomparsi.

Fotogallery del viadotto di Apani - clicca per ingrandire
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Foto:
1 - I resti del viadotto a sud del canale di Apani. Veduta generale
2 - Viadotto di Apani, parapetto con particolare dell'opus reticulatum
3 e 4 - Viadotto di Apani, parapetto e contrafforti
5 - Viadotto di Apani, lato interno del parapetto
6 - Viadotto di Apani, il parapetto e, sullo sfondo, il ponte che attraversa il canale di Apani


Ricostruzione grafica del viadotto di Apani (a cura di Francesco Iurlaro)

Dopo Apani la strada puntava a sud-est in maniera da attraversare agevolmente il successivo canale di Giancola che si restringe considerevolmente in corrispondenza dell’omonima masseria. Infatti, non vi sono riscontri archeologici e bibliografici della eventuale presenza di un’altra struttura che permetteva di oltrepassare il corso d’acqua. Tracce della strada sono state riscontrate sul limite a nord-est del Bosco del Compare, dove alcune basole calcaree in buona parte divelte erano posizionate nei pressi del fosso che divide la boscaglia dalle colture, e poco lontano, su una strada interpoderale.


(sx) Resti di una basola nel fossato a nord-est del Bosco del Compare
(dx) Resti di pavimentazione antica su una strada interpoderale nei pressi del Bosco del Compare

A sud di Brindisi, sulla Calabra-Traiana, alcuni autori già nel XIX secolo segnalavano i ruderi di un ponte romano sul canale Li Siedi nei pressi del bosco di Tramazzone in località Cerano: “nel canale detto di Tramazzone si scorgono tuttavia rovine di un gran ponte di struttura romana[15], ma anche sul vicino canale delle Chianche, che si trova a circa 650 metri più a nord rispetto al primo, dove sono stati riscontrate anche le tracce dell’arteria antica.

Su tutte le tre direttrici, all’esterno della cinta muraria della città, si estendevano le necropoli brindisine. Lungo il prolungamento della Via Appia vi era la necropoli rinvenuta nei primi anni ’80 in via Cappuccini, utilizzata tra il III sec. a.C. fino al IV sec. d.C., dove furono trovate 283 sepolture [19]. Un’altra necropoli si sviluppò in contrada Paradiso lungo l’Appia-Traiana, qui nel Settecento furono ritrovati epigrafi e monumenti funerari che fiancheggiavano la strada, mentre su via Provinciale San Vito furono scoperte 43 sepolture del II-I sec. a.C. – III-IV sec. d.C. La Traiana-Calabra, come già detto, costeggiava l’estesa necropoli del Perrino, dove nel 1887 nei pressi di un sepolcro fu rinvenuta la statua in tufo di un leone di età repubblicana (scheda).

Della viabilità di epoca romana oggi restano solo poche tracce: le strade moderne in tutto il Salento seguono sostanzialmente le stesse direttrici delle antiche eliminando quasi del tutto i loro segni. Solo l’attenta analisi del territorio e la ricerca storico-archeologica hanno permesso di ottenere buoni risultati relativamente alla ricostruzione e all’individuazione degli antichi tracciati viari.

Le strade urbane
Come nelle altre civitas romane, anche Brindisi aveva una impostazione con schema urbanistico ortogonale, ovvero suddiviso in isolati quadrangolari uniformi racchiusi in una sorta di struttura a griglia delimitata dalle strade orientate da nord a sud (cardini) e da est a ovest (decumani), che si intersecano ad angolo retto.


Area Archeologica di San Pietro degli Schiavoni. Strada basolata (cardine) di epoca romana

Statua loricata di età traianeaAll’interno della città sono stati individuati due decumani, il primo sull’asse poco a sud delle attuali vie Palma – via Casimiro, dove la strada fiancheggiava il foro romano - ossia la piazza principale già in età repubblicana corrispondente all’odierno mercato coperto. Un tratto di questa carreggiata disposta in direzione est-ovest fu identificata sotto l’edificio posto all’angolo tra via Palma e vico Scalese. L’altro decumano era sull’asse parallelo più a nord, coincidente con via Santabarbara – via Tarantini, lungo il quale sono state rinvenute una statua onoraria femminile ed un torso loricato acefalo di età traianea (foto a lato), probabili monumenti onorari che arricchivano il percorso della strada. Non si è però identificato con certezza quale delle due importanti vie di comunicazione fosse il decumanum maximus, ovvero l’arteria principale della città romana.
Tra queste due strade era delimitata una buona parte della città, ovvero l’arx della colonia romana: a meridione oltre le odierne via Cesare Battisti - via Filomeno Consiglio, con affaccio sul canale della Mena, e a nord con le mura che si ergevano nei pressi dell’odierna chiesa di San Paolo e il bastione di corte Capozziello.
Indagini e dati archeologici hanno individuato ed accertato nel centro cittadino la presenza di sei cardini tra loro paralleli ed equidistanti circa settanta metri, che incrociavano i due decumani, questi ultimi distanti tra loro poco più del doppio rispetto alla distanza riscontrata tra i cardini.


Ricostruzione grafica del tragitto ipotizzato delle strade romane (cardini e decumani) nella città di Brindisi
(clicca sull'immagine per ingrandirla)

Un lungo tratto di un cardine intermedio è quello scoperto nel rione di San Pietro degli Schiavoni al centro dell’area archeologica sotto il Nuovo Teatro Verdi (scheda - foto sopra), parallelo ai due cardini individuati più a meridione, il primo corrispondente al tratto di via Duomo - via De Dominicis, ove l’archeologo Giovanni Tarantini nel 1877 trovò “lastre irregolari di pietra, che servivano di selciato ad una pubblica via, come lo han dimostrato le tracce delle carreggiate”, e il successivo corrispondente a via San Nicolicchio – via Santa Chiara, dove nel 1966 durante la ricostruzioni di alcuni vani nei pressi dell’angolo tra vico Seminario, via San Nicolicchio e via Guerrieri, ad una profondità di circa due metri, fu ritrovato un tratto di strada orientata nord-sud con “lastre di pietra dura con profondi segni di carriaggi e tracce di pavimentazione in marmo sul piano delle case adiacenti”. Tra questi due cardini si sviluppava l’edificio pubblico risalente alla prima metà del II sec. d.C. i cui resti sono visibili nell’area archeologica di via Casimiro (scheda).


Planimetria del cardine viario scoperto nel 1966 tra via Guerrieri-San Nicolicchio-vico Seminario (da R. Jurlaro 1979)

Gli altri tre cardini a nord rispetto a quello individuato nell’area di San Pietro degli Schiavoni corrispondono in ordine all’attuale via Marco Pacuvio, dove fu scoperto un pezzo di strada sotto il palazzo che prospetta su largo Concordia, quindi in corrispondenza di via Lauro, dove uno scavo del marzo-aprile 2010 ha messo in luce un asse viario costituito da cocciopesto con inserti di basoli e spezzoni di tufo, delimitato a nord-est da una crepidine realizzata con blocchi di tufo e piano in cocciopesto. La superficie del piano stradale è conservata per circa un terzo della lunghezza originaria, calcolata sulla base del confronto con il cardine di S.Pietro degli Schiavoni; il tratto mancante della strada risulta asportato da una fossa presumibilmente di spoliazione [20].


Asse stradale (cardine) e crepidine ritrovati nel saggio di scavo in via Lauro
foto da Paola Palazzo, Brindisi, Via Lauro 32 (proprietà M.Cazzato), in Fastionline.org, 2015

Il successivo setto viario è individuabile, grazie ad una planimetria comunale degli anni '50, tra gli orti delle case che si affacciano sulle vie Armengol e San Benedetto [14].
Riscontri di questo tessuto viario sono ancora visibili nelle planimetrie del 1739 e del 1781, dove decumani e cardini corrispondono alle strade indicate sulle piante topografiche settecentesche: ciò ipotizza come la ricostruzione stradale di epoca medievale sia stata mantenuta sull’impianto di età romana.

Testo di Giovanni Membola

Bibliografia essenziale

  1. C. Marangio, La romanizzazone dell’ager Brundisinus, in Ricerche e Studi 8, 1975
  2. L. Quilici, S. Quilici Gigli, Repertorio dei Beni Culturali Archeologici della Provincia di Brindisi, Fasano 1975
  3. M. Aprosio, Archeologia dei paesaggi a Brindisi. Dalla romanizzazione al Medioevo, Bari 2008
  4. M. Aprosio, Paesaggi tardo antichi di Brindisi, in G. Volpe, M. Turchiano (a cura di), Paesaggi e insediamenti rurali in Italia Meridionale fra Tardoantico e Altomedioevo, Atti del Primo Seminario sul Tardoantico e l’Altomedioevo in Italia meridionale (Foggia 12-14 febbraio 2004), Bari 2005
  5. R. Auriemma, Salentum a Salo. Porti, approdi,merci e scambi lungo la costa adriatica del Salento, voll. I-II, Galatina 2004.
  6. R. Cucci, S. Guido, Resti di un viadotto romano in contrada Apani, in Il Punto, 1974
  7. G. Cerauto, A proposito delle lastre iscritte dei ponti della via Traiana in Atlante tematico di topografia antica. 2012
  8. G. Cerauto, La Via Appia (a sud di Benevento) e il sistema stradale in Puglia tra Pirro e Annibale, in La Magna Grecia da Pirro ad Annibale, atti 52° Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 2012
  9. P. Caprino, Valutazione di impatto archeologico (VIARCH) lungo il tracciato del cavidotto elettrico utile alla costruzione di impianto eolico. 2013
  10. G. Uggeri. La via Traiana Calabra, in RicStBrindisi, 10, 1979
  11. G. Uggeri, La via Appia da Taranto a Brindisi. Problemi storico-topografici. in RicStBrindisi, 10, 1977
  12. G. Uggeri, La viabilità romana nel Salento, Fasano, 1983
  13. C. Marangio, Epigrafi funerarie romane da Mesagne (ll), in Brundisii Res 6, 1974
  14. R. Jurlaro, Primi dati sopra l’impianto urbanistico di Brindisi, in RicStBrindisi, 7, 1979
  15. A. De Leo, Dell’antichissima città di Brindisi e suo celebre porto, 1846
  16. P. Camassa, La romanità di Brindisi, 1934
  17. E. Salvatore Laurelli, La via "Minucia": Note di geografia e topografia antica, in Archivio storico pugliese, 45, 1992
  18. S. Quilici, Progettare l'Appia Antica. Il percorso, la traccia, il segno, Tesi di laurea, 2005
  19. A. Cocchiaro, G. Andreassi, La Necropoli di via Cappuccini a Brindisi. Fasano, 1988
  20. P.Palazzo, Brindisi, Via Lauro 32 (proprietà M.Cazzato), in Fastionline.org, 2015 (link)
 
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