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LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA

C'ARA UNA VOLTA LA PUTEA DI PEPPO E RANDA
Un breve racconto della memoria, a rievocare la magia del quotidiano dei nostri genitori, che in queste botteghe alimentari hanno riposto il vero senso della loro vita,
quando la felicità era fatta di piccole cose

Il tepore e l'odore intenso del pane appena sfornato, le tante sfumature di colori dei gustosissimi prodotti autentici sistemati in bella mostra tra i banchi ti invitavano ad entrare, non potevi farne a meno. La "Putea di Peppo e Randa" non era solo un piccolo presidio commerciale di generi alimentari di prima necessità, era una istituzione nel cuore del centro storico di Brindisi, al civico 6 di via Bettolo ad angolo con via Sant'Antonio Abate, un luogo quasi mistico dove la coppia di coniugi Romano, Giuseppe (Peppo) e Veneranda (Randa) Perfido, offrivano sorrisi, consigli e tante prelibatezze: loro sapevano già cosa mancasse nella dispensa della casalinga, le quantità da prendere e spesso consigliavano anche su come si doveva preparare. Era una delle più frequentate botteghe di quartiere Montecristo, per molti la prima tappa della giornata, il primo buongiorno, dove andava volentieri anche per fare due chiacchiere e acquistare "a buon peso" ogni genere alimentare, un punto di riferimento immediato e garantito per l'intera comunità.


Brindisi, rione Montecristo, la freccia indica dov'era la putea di Peppo e Randa

La Putea nacque come una vera avventura per l'allora giovane coppia, era il 1959 quando Peppo decise di lasciare il lavoro nei campi e approntare in una stanza della loro casa, allestita con semplicità ed economia grazie all'aiuto di uno zio, una piccola rivendita di alcuni beni di prima necessità: pane a pezzi, pochi formati di pasta (spaghetti, pasta riccia e mezzani) sfusa e confezionata in fogli di carta grezza, zucchero, olio venduto sfuso e quantificato in appositi misurini da 100 e 250 ml e vino imbottigliato con cauzione, il moderno vuoto a rendere. Non c'era ancora un registratore di cassa ed i calcoli venivano fatti contando sulle dita delle mani e scrivendo su fogli di carta.
Nonostante l'iniziale inesperienza e le ristrettezze economiche generali di quegli anni, nel giro di poco tempo le cose andarono bene, tanto che dopo appena un anno furono implementate le attrezzature con l'arrivo dell'affettatrice a manovella per la mortadella, custodita in una vetrinetta, e la grattugia elettrica per i formaggi, sistemati su un tagliere. Anche il repertorio dei prodotti si integrò nel tempo con la vendita di alcolici, in primis il celebre liquore all'anice prodotto dalla Distilleria De Giorgi di cui Peppo andava fiero, di ulteriori alimenti sistemati su scaffalature sempre più alte e di prodotti freschi e da frigo, come il latte nella tipica confezione piramidale. La bottega a conduzione famigliare, infatti, si era dotata anche di frigoriferi, poi sostituiti alla fine degli anni '70 con un apposito bancone, e di un congelatore per la vendita dei gelati, tutti investimenti mirati che portarono alla meritata affermazione e al consolidamento dell'attività. In pochi anni Peppo e Randa riuscirono a dimostrare la loro grande capacità commerciale ma soprattutto conquistarono il rispetto e la fiducia della gente dell'intero quartiere.


Peppo e Randa con la nipotina all'ingresso della loro putea

Randa era sempre lì, affianco al marito, lo coadiuvava con perizia nell'operosità quotidiana, nello stesso tempo riusciva ad essere una brava mamma e un'instancabile casalinga, trovando quel giusto equilibrio tra le esigenze lavorative, la cura della casa e l'educazione dei tre figli, Francesca, Rino e Cosimo, in pratica cresciuti nel piccolo negozio di alimentari.
La putea si apriva la mattina presto e chiudeva la sera, ma nonostante gli orari di esercizio fossero in genere molto flessibili, capitava spesso che un avventore bussasse oltre l'orario di chiusura o nei giorni di festa per comprare un prodotto mancante o farsi servire la spesa intera, approfittando della squisita disponibilità dei Romano. C'era la cliente che acquistava sempre lo stesso tipo di alimento, un altro che preferiva farsi consigliare sempre e solo da uno dei coniugi, entrambi cordiali e sempre pronti all'ascolto, con loro era un piacere parlare del più e del meno.
Peppo affettava con cura, pesava su quella suggestiva e pratica bilancia meccanica ancor'oggi conservata dai figli, e se fosse stato abbondante sarebbe andato bene lo stesso; Randa era più attenta, riservata, conosceva meglio i bisogni dei clienti, anche di chi ogni giorno trovava una scusa diversa per farsi aggiungere alla spesa qualcosa in più, era praticamente impossibile prenderla in giro. In quegli anni era in uso comprare e poi pagare quando si poteva; pertanto, nel punto vendita c'era un taccuino simpaticamente ribattezzato "libro ti li muerti" su cui erano segnati - con un forte senso di fiducia - i clienti a credito. Aneddoti da raccontare ce ne sarebbero davvero tanti, anche se nulla è mai uscito dalla bocca dei Romano, rimasti fedeli al loro stile garbato e riservato, tutto restava chiuso in quel libretto ricco di nomignoli e di somme da incassare, tante volte rimaste insolute.


La bilancia meccanica originale della putea conservata dai figli di Peppo e Randa

Il rione era a tutti gli effetti una grande famiglia allargata, un microcosmo autosufficiente fatto di sensazioni ed emozioni ormai perdute. Nelle immediate vicinanze si esercitavano una serie di attività artigianali oggi del tutto scomparse: c'era Pitruccio "lu scarparu", Turicchio lo stagnino, Nino "ti li pezzi vecchi", la merceria di Ronza e quella di Sina, la latteria di "la pippara" ove si vendeva il latte sfuso ancora caldo di mungitura, "Tori Tori" con le sue cozze nere, le falegnamerie di "mestru Pascalino" e a pochi metri quella di "mestru Ottorino", senza dimenticare i "villani" che vendevano sull'uscio di casa la frutta e verdura appena raccolta nei loro campi. La concorrenza - se proprio così la vogliamo chiamare - era rappresentata dalle botteghe alimentari di Giordano e di Signor Gino, rispettivamente su via Taranto e in via Lata angolo con via Madonna della Scala, anche se ognuno aveva la propria clientela fidelizzata, tra loro esisteva solo un sano e naturale antagonismo. Di questi esercizi commerciali resta il ricordo indelebile legato ai mille colori della merce e soprattutto del profumo tipico che si respirava quando si entrava o semplicemente si transitava dinanzi, un contesto sensoriale fortemente evocativo del nostro vissuto.


Peppo con due bambini del vicinato nella putea

Con l'avvento dei supermercati e poi ipermercati, a partire dagli anni Novanta questi romantici negozietti di alimentari, veri e propri presidi aggregativi, sono passati di moda e man mano si sono estinti, solo in pochi sono riusciti a sopravvivere come pizzicagnoli o piccole gastronomie. Un inesorabile declino che ha trascinato con sé anche il ricordo di ciò che rappresentavano nella vita quotidiana e soprattutto del loro grande valore sociale. La stessa sorte è toccata anche alla "putea ti Peppu e Randa" che ha chiuso i battenti nel 1993, tre anni dopo la morte del titolare ma dopo ben trentaquattro anni di assidua e appassionata attività commerciale, sopravvivendo nella memoria dei residenti di via Bettolo e dei paraggi.
Ai giorni nostri si assiste ad una sorta di rivalutazione della cultura gastronomica, si torna nelle botteghe tradizionali, quelle poche rimaste, alla ricerca non solo della genuinità perduta, ma soprattutto del contatto diretto con chi conosce e seleziona accuratamente le materie prime e i fornitori, e magari offre ancora la possibilità di fare "credito", un'ancora di salvezza per pensionati e famiglie monoreddito.


Peppo con una clienta all'interno della putea

Giovanni Membola - Antonella Romano
per Il 7 Magazine n. 218 del 1/10/2021


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